abm

abm

giovedì, marzo 31, 2011

San Giacomo degli Schiavoni non è da meneo delle altre città dell'unione dei comuni, anche qui non ci sono raccoglitori in giro per il paese ma, non è immune da colpe. Ma le colpe di chi saranno? Con tutto quello che paga Sorgenia ed i Cittadini. Chi deve pulire? Non si sa........ a voi le immagini:

















mercoledì, marzo 30, 2011

Siamo a Petacciato, nel paese non abbiamo trovato bidoni per la spazzatura in compenso però abbiamo trovato proprio all'ingresso della bella cittadina, un piccolo deposito di rifiuti, forse non tanto piccolo. Ma perchè  non si pulisce? Chi deve pulire? Certo se Petacciato è arrivata a differenziare oltre il 60% (fonti non attendibili) forse con questa piccola discarica potevano arrivare al 61%. Scherzi a parte ma, perchè non raccolgono i rifiuti nei pressi del centro abitato? Con quello che paga Sorgenia ed i Cittadini forse si poteva fare di più. A voi le immagini:




















 



Ma perchè non si riesce a pulire? Con tutto quello che paga Sorgenia ed i Cittadini forse si poteva fare di più.
In compenso però siamo andati a prendere un po di sole sulle dune di Petacciato e guardate un po cosa abbiamo trovato. Bè certo si avvicina la stagione balneare e allora perchè non si bonifica?

 























 



Di chi siano le responsabilità non è dato a sapere.





 

martedì, marzo 29, 2011

Questa invece è Campomarino in verità domenica scora ed oggi i rifiuti (nei contenitori) sono stati rimossi (anche la batteria) tranne che i frigoriferi. Ma perchè non li hanno ritirati? Di chi siano le colpe: è facile immaginare con quello che paga Sorgenia ed i Cittadini, forse si poteva fare di più-. A voi le immagini:


































 



lunedì, marzo 28, 2011

RACCOLTA DIFFERENZIATA PORTA A PORTA

Anche Larino parte con il porta a porta e................................ anche a Larino ci sono dei problemi, così come in tutti i centri dell'unione dei comuni. Certo con quello che paga la Sorgenia ed i Cittadini forse ci poteva e doveva fare di più. Ci occuperemo anche degli altri comuni oggi vediamo, si vediamo quello che succede a Larino. Le foto sono state scattate nel centro frentano sabato 26 e questi sono i risultati:


































SI AVETE VISTO GIUSTO è ETRNIT.





DI CHI SIANO LE RESPONSBAILITA'? Bè è FACILE IMMAGINARE

domenica, marzo 27, 2011


NUCLEARE IN MOLISE



Il Governo, con legge del 2009, ha già deciso: si torna al nucleare.
 


E chi non è d’accordo – solo 12 regioni su 20, tra cui il Molise– non solo dovrà adeguarsi per legge, ma anche “garantire la massima partecipazione”. Proprio come accade in una democrazia che si rispetti, dove dissentire non è previsto. Ma la Corte Costituzionale non dovrebbe garantire il diritto alla salute dei cittadini? Vediamo che succede…
Di nucleare in Molise si sente parlare da tempo. Anzi, per dirla tutta, qualcuno avrebbe anche individuato il sito adatto per la centrale atomica: “zona costiera meridionale alla foce del Biferno (Termoli)”.


Il piano ultratrentennale – risale infatti al 1979 la mappatura del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare – è stato svelato qualche giorno fa da Ermete Realacci, responsabile Pd per la green economy. Grazie per l’ottima notizia, avrebbe sussurrato qualcuno, ma il democratico scoop in realtà non aggiunge nulla di nuovo a quanto si sapeva già. Tanto è vero che il termometro dell’attualità mondiale e locale, Facebook, segnala la presenza di gruppi, anche piuttosto numerosi, contro il nucleare in Molise, su tutti Centrale Nucleare in Molise? NO, GRAZIE!!!! e No alla centrale Nucleare di Termoli, attivi fin dal 2009.
 



A scadenze praticamente regolari, spunta qualcuno con la famosa lista dei siti, che somiglia sempre più al papello di Riina: verità o leggenda? Nucleare si o nucleare no? Un bel dilemma per i poveri cittadini, costretti a convivere con una spada di Damocle che nei post tragedia – Chernobyl prima e Giappone poi – diventa un peso insopportabile da sostenere. E per fortuna che i referendum sul si (non voglio la centrale) o sul no (voglio la centrale) – inversamente comprensibili per l’elettore – arrivano sempre dopo qualche esplosione nucleare, che piega qualunque smania atomica e permette di resistere finanche alla propaganda di regime. Che, su questo non ci sono dubbi, fortissimamente vuole investire in un business che genera altri business: cementoper costruire, energiada vendere, rifiuti da smaltire. All in one, tutto incluso, per la gioia delle lobbyinteressate.
 



Ma se la sovranità territoriale è ancora un diritto inalienabile – strombazzano ai quattro venti i presidenti delle italiche regioni – allora dovranno passare sul nostro cadavere prima di impiantare una centrale nucleare. Not in my back yard”, costruitela ovunque, ma non a casa mia. Uno slogan che miscela, in egual misura, populismo e deficienza. Se la centrale non la costruissero a Termoli(in Molise) ma piuttosto a Foggia (in Puglia), che dista poco meno di cento chilometri dalla cittadina molisana, cambierebbe qualcosa? Certo, vuoi mettere avere la centrale sotto casa o averla a un tiro di schioppo? Il proverbio “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” pare valga anche nelle relazioni atomiche.
 



Ma a volte le faccende sono più complicate di quanto sembrino. A volte quelli che dovrebbero garantire, per costituzione, la salute dei cittadini si trasformano nei peggiori boia americani, spietati e crudeli contro chi non si adegua alle nuove normative.
 


E allora vediamo di entrare nel merito della questione e schiarirci le idee.
Nonostante le produzioni normative del Governo Berlusconi II(in carica dal 2001 al 2005), “finalizzate alla sistemazione dei rifiuti radioattivi, negli anni successivi non si è pervenuti all’individuazione di un sito di deposito nazionale.” In parole povere non si sa nemmeno dove smaltirli, questi rifiuti radioattivi, e quindi succede quanto accaduto a Castelmauro, piccolo paesino in provincia di Campobasso, dove le scorie radioattive venivano stoccate in…cantina o interrate nei campi di agricoltori più o meno compiacenti.


Potrebbe essere una soluzione, quella di far “asciugare” le scorie insieme a caciocavalli e salsicce, ma pare che le istituzioni molisane si siano prontamente attivate per risolvere una volta per tutte il problema. Come? Semplice, con una legge, la22 del 2005, incui laRegione Molise dichiara il proprio territorio denuclearizzato”. Che non significa l’assenza di materiale atomico e radioattivo sul posto, ma impedisce “sul medesimo (territorio) il transito e la presenza di materiale radioattivo non prodotto in loco.”
 


Se nucleare deve essere, che almeno sia nostrano. Come i caciocavalli, appunto.


E qui entra in gioco la Corte Costituzionale, che non si preoccupa affatto della poca lungimiranza di questa legge, ma ne dichiara l’incostituzionalità (sent. n. 247 del 28 giugno 2006) semplicemente perché “la comprensibile spinta, spesso presente a livello locale, ad ostacolare insediamenti che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il noto detto “not in my backyard”), non può tradursi in un impedimento insormontabile alla realizzazione di impianti necessari per una corretta gestione del territorio e degli insediamenti al servizio di interessi di rilievo ultraregionale”.
 



Capito? Non solo le regioni devono evitare qualsivoglia paranoia psico-sociale legata alla sindrome NIMBY, ma piuttosto devono rendersi disponibili ad accogliere scorie e, soprattutto, impianti “necessari per una corretta gestione del territorio.”
 


Al massimo, unica concessione della Corte (sent. n° 62 del 29 gennaio 2005), si può affermare la necessità “nella localizzazione dei siti (in particolare per il deposito nazionale di scorie radioattive, ndr), di un maggior coinvolgimento delle regioni interessate.” Fermo restando che “in caso di dissenso irrimediabile possono essere previsti meccanismi di deliberazione definitiva da parte di organi statali, con adeguate garanzie procedimentali.” La cara vecchia Corte Costituzionale, che contro Berlusconi si trasforma in un impietoso garante dei diritti umani, nella realtà dei fatti sta combattendo una dura lotta contro le autonomie locali, che si ribellano ad ipotesi di centrali atomiche.


Ed è proprio il Servizio Studi del Dipartimento Attività Produttive della Camera che, il 9 Giugno 2010, chiarisce come stanno le cose: “In un contesto di questo tipo non sorprende che ben 12 regioni (tra cui il Molise, ndr) abbiano sollevato ricorso presso la Corte costituzionale contro la legge 23 luglio 2009, che sancisce il ritorno al nucleare in Italia, dopo l’abbandono deciso con il referendum del 1987, votato con larga maggioranza sull’onda emotiva dell’incidente nella centrale di Chernobyl.”
 



Da questo passaggio illuminante vengono fuori tre informazioni importanti: primo, alcune regioni sono d’accordo con il ritorno al nucleare, tra queste la Lombardia del ciellino Formigoni; secondo, il Molise del bistrattato Iorio finalmente ha fatto una cosa giusta; terzo, il Governo ha già sancito il ritorno al nucleare, nonostante la contrarietà popolare. Un classico esempio di Démos cràtos, che raggiunge la sua apoteosi  nel momento in cui viene stabilito quanto segue: “Al fine di superare questi forti ostacoli contro lo sviluppo del nucleare, il Governo ha quindi cercato, con il D.Lgs. 31/2010, di emanare una normativa in grado di garantire la massima partecipazione degli enti locali e delle popolazioni interessate, nonché di limitare l’impatto ambientale delle installazioni.
 



Come possono enti e cittadini garantire la “massima partecipazione” ad un progetto cui sono fortemente contrari? Semplice, dovranno farlo per legge. Ben sapendo che “limitare l’impatto ambientale” di una centrale che produce scorie radioattive è impossibile.
 


Come cantava Gaber, ne “La Democrazia”… Auguri!!!
(Fonte L’Infiltrato)



sabato, marzo 26, 2011

L'ORA DELLA TERRA


AIUTIAMO LA TERRA
 



Che cos’è?




Un movimento globale per la sostenibilità del nostro pianeta



Sidney si spegne per un’ora nel 2007; il gesto, facendo il giro del mondo, dà vita ad un veroe proprio “movimento” per la sostenibilità del nostro pianeta. Earth Hour diventa un impegnoglobale quando nel 2008 riesce a coinvolgere 370 città con 50 milioni di click dell' interruttore.

Nel 2009 milioni di persone fanno di Earth Hour un fenomeno planetario, prendono parte 3929 città di 88 paesi che registrano da vicino, con video e foto da tutto il mondo, l'evento.

In Italia nel 2009 si spegne Fontana di Trevi, la Torre di Pisa, la Mole Antonelliana e la Valle dei Templi di Agrigento, e partecipano all' Ora della Terra oltre 140 comuni; 200 imprese italiane impegnate nell' evento, decine le organizzazioni che, con speciali iniziative rigorosamente al buio, danno il loro contributo per la salvaguardia del nostro pianeta.

L’ultima edizione dell’ Ora della Terra ha visto milioni di persone in oltre 4.000 città di 128 paesi aderire all’ iniziativa spegnendo le luci per un’ora intera.
Earth Hour è un impegno che non si limita al solo spegnimento della luce, ma alla scelta di uno stile di vita quotidiano all’insegna del risparmio energetico nel pieno rispetto del nostro pianeta.
AMBIENTE BASSO MOLISE aderisce.



 




 



 

venerdì, marzo 25, 2011


NUCLEARE IN ITALIA
Pro e contro una “pazzia” economica e ambientale



Quando i nuclei degli atomi si dividono, viene rilasciata una quantità di energia”.


Questa è, in parole povere, l’energia nucleare. Potrebbe sembrare qualcosa di inoffensivo, ma in realtà non lo è. Tutti iprocessi nucleari, infatti, producono materiali radioattivialtamente pericolosi: mutazioni genetiche, malformazioni, cancro, leucemia, disordini del sistema riproduttivo, immunitario, cardiovascolare ed endocrino. Sono tutte malattie legate alla radioattività.
 


Greenpeace, nel suo rapporto “Energia nucleare: una pericolosa perdita di tempo”, spiega in maniera molto chiara come avviene il processo nucleare: “i reattori nucleari commerciali, impiegano l’uranio come combustibile. Ancor prima di essere usato nei reattori, le fasi di preparazione di questo combustibile sono causa digrave contaminazione . In effetti, già solo l’estrazione e la lavorazione dell’uranio produce scorie radioattive estremamente pericolose. Addirittura, secondo i dati Greenpeace, “un minerale uranifero contiene solo lo 0,1% di uranio”. Il resto, dunque, sono scorie da smaltire. E non è finita qui: la maggior parte dei reattori nucleari richiede un tipo di uranio specifico, l'uranio-235 (U-235), che costituisce “solo lo 0,7% dell'uranio presente in natura”.
Una parte assolutamente esigua. E allora? Per aumentare la quantità di U-235 l’uranio estratto dai minerali viene “modificato” attraverso un processo artificiale, tramite il quale si ottiene una “una piccola quantità utilizzabile di uranio arricchito e una grande quantità di scorie”: il cosiddetto “uranio impoverito”, un metallo pesante, tossicoeradioattivo. Ma il processo nucleare non finisce qui: l’uranio così prodotto viene trasformato nelle centrali in “un ricco cocktail di elementi radioattivi estremamente tossici e pericolosi, tra cui ilplutonio”. Ed è proprio questo elemento la causa prima della pericolosità dell’energia nucleare, in quanto difficile da smaltire e, dunque, letale. Basti pensare, infatti, che secondo gli ultimi studi il plutonio impiegherebbe per il suo smaltimento circa 240.000 anni”. E la Terra esiste soltanto da 200 mila.
È evidente, dunque, che l’energia nucleare è dannosa anche a prescindere da casi di assoluta emergenza com’è avvenuto in Giappone. Le scorie prodotte e il loro (mancato) smaltimento ne sono esempi eloquenti. Cerchiamo di capire quale sia il problema. Oggi si tende a distinguere tra scorie a bassa e media attivitàe scorie ad alta attività. Le prime includono parti delle centrali nucleari smantellate (cemento, metalli), ma anche i vestiti protettivi monouso, la plastica, la carta, il metallo, i filtri e le resine.
Questi tipi di scorie “restano radioattive – si legge nel dossier - per periodi di tempo che vanno da alcuni minuti a migliaia di anni edevono essere conservate in condizioni controllate per tutta la durata del periodo”. Le scorie ad alta attività, invece, includono i materiali che contengono elementi altamente radioattivi (come il plutonio): anche un’esposizione di un paio di minuti a questo tipo di scorie può essere fatale. Ebbene, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica(AIEA) stima che, ogni anno, l’industria dell’energia nucleare produca l’equivalente di circa 1 milione di barili (200.000 metri cubi) di scorie a basso e medio livello e circa 50.000 barilinon c’è un sistema sicuro e certo di smaltimento. (10.000 metri cubi) delle più pericolose scorie ad alto livello. Cifre, insomma, che fanno rabbrividire. Soprattutto se si pensa che, ad oggi,
Uno dei metodi più utilizzati è il “riprocessamento”: il plutonio e l’uranio non utilizzati vengono separati dalle scorie, allo scopo di essere riutilizzati nelle centrali nucleari. Ma il beneficio pare essere assolutamente minimo: innanzitutto perché scorie nucleari pericolose e plutonio separato vengono ripetutamente trasportati attraverso gli oceani e i confini nazionali e lungo i paesi e le città perché non tutti gli Stati hanno a disposizione gli strumenti per il riprocessamento (la stessa centrale di Fukushima trasportava le scorie fino in Francia). In più solo una minima parte del materiale radioattivo viene recuperato e ulteriormente utilizzato come combustibile nucleare. E il resto?  

Altre scorie che, secondo ultimi studi, risultano essere ancora più dannose: uno studio pubblicato nel 2001 ha dimostrato un aumento dell’incidenza della leucemia tra i minori di 25 anni che vivono in un raggio di 10 chilometri dallimpianto di riprocessamento di La Hague, nella Francia nordoccidentale. E ancora: un altro studio – questo del 1997 – ha riscontrato nel Regno Unito una quantità di plutonio nei denti dei giovani che vivevano vicino all’impianto di riprocessamento di Sellafield, doppia rispetto a quella presente nelle persone che vivevano in altre zone.
Per risolvere il problema l’industria nucleare, con il supporto di alcuni fisici, ha avanzato una soluzione: in pratica “insabbiare” le scorie, immagazzinare le scorie in depositi geologici profondi. Ma il rapporto “Rock Solid”, elaborato dalla dottoressa Helen Wallace mostra i limiti di un tale smaltimento. Innanzitutto perchè stiamo parlando del tentativo di cercare di seppellire migliaia di tonnellate di scorie radioattive estremamente pericolose per intervalli di tempo che sono più lunghi dell’esistenza della specie umana sul pianeta Terra (240 mila anni a confronto dei 200 mila di vita dell’uomo). Ma non è tutto. La dottoressa Wallace ha anche elencato possibili conseguenze dannose di un tale insabbiamento: sviluppo di gas o surriscaldamento con cedimento della camera di stoccaggio, reazioni chimiche inattese, incertezze sulle caratteristiche geologiche(falde, ecc…)del sito, future ere glaciali, terremoti.
 
“LA FONTE ENERGETICA PIÙ COSTOSA E MENO COMPETITIVA”
Si potrebbe pensare, a questo punto, che a tutte queste possibili conseguenze assolutamente letali faccia da contraltare uno sviluppo energetico altissimo. Nulla di più falso. Nel dossier “Cambiamenti climatici, ambiente ed energia”, il WWF dichiara che “tutti gli studi internazionali mostrano come l’energia nucleare sia la fonte energetica più costosa e meno competitiva”. Piuttosto modesto, infatti, risulta il contributo del nucleare: 6,2% della produzione energetica mondiale; valore questo in realtà sovrastimato perché considera come recuperabile l’intero calore prodotto nel processo di fissione; è in realtà ben noto come le centrali nucleari siano in grado di utilizzare solo circa un terzo del calore generato, vale a dire quello che riescono a convertire in elettricità. Proprio per questo, dunque, il contributo effettivo del nucleare si attesta intorno al 2% dei consumi energetici mondiali.
È evidente, dunque, il carattere incompetitivo del nucleare, carattere acuito anche da altri motivi: innanzitutto l’energia nucleare può fornire soltanto elettricità, mentre il grosso del consumo energetico è costituito da carburanti per i trasporti e calore per riscaldamento e processi industriali. E ancora: l’uranio non è presente abbondantemente in natura. Dichiara il WWF: “se si pensasse di sostituire per la produzione di elettricità, tutta l’energia fossile con quella nucleare, le riserve di uranio si esaurirebbero nel giro di pochissimi anni. Di fatto già oggi la produzione d’uranio è inferiore al reale fabbisogno degli impianti in esercizio”. Solo parole? Assolutamente no: il costo dell’uranio è aumentato di 10 volte fra il 2003 e il 2007, proprio perché scarseggia in natura.
Bisogna anche notare che nessuna nazione europea, e tanto meno l’Italia, dispone di riserve di uranio, per cui non sarà certo lo sviluppo del nucleare che potrà aiutarci ad avere maggior indipendenza energetica. Il costo dell’uranio, dunque, è destinato a salire vertiginosamente. Proprio per quanto detto sinora - considerato la scarsità dell’uranio in natura e il fatto che il nucleare non produca altro che energia elettrica - è facile rendersi conto che tutti quegli appelli governativi secondo i quali le centrali nucleari farebbero precipitare le importazioni di petrolio, sono colossali bugie che non possono avere assolutamente credito. Anzi,ci troveremmo ad importare sia l’uno che l’altro, sia il petrolio che l’uranio. Una dipendenza energetica assoluta.
È evidente, dunque, come il nucleare sia senza mezzi termini una fonte energetica sconveniente anche da un punto di vista economico. Non è un caso, d’altronde, che la stessa AEIA (International Atomic Energy Agency), nel rapporto “Energy, elettricity, and nuclear power estimates for the period up to 2030pubblicato nel 2007, ha parlato di un declino progressivo dell’utilizzo del nucleare. Basti pensare agli Stati Uniti, dove i produttori di energia elettrica sono privati: qui non si costruisce una centrale nucleare dalla fine degli anni ’70. Ma i costi sono esorbitanti anche per altre questioni. Ad iniziare dalle spese di costruzione delle centrali: le stime più recenti del DOE (Department of Energy) per il costo di una centrale sono di 5,3 miliardi di dollari per 1000 MW. Ma sono stime ancora ottimiste: nel febbraio 2010 gli USA hanno approvato un progetto di due centrali con un costo di oltre 6.000 $/kW. In più ci sono i costi di smantellamento. Per vie ufficiali oggi noi sappiamo che corrispondono in genere al 15% dei costi di costruzione. Ma, secondo anche i pochi casi di smantellamento effettuati, i costi sono pressappoco uguali a quelli di costruzione: insomma, una spesa altissima per un contributo energetico minimo.
Sono evidenti, a questo punto, i limiti – ambientali, salutari, economici, energetici - del nucleare. Eppure l’Italia sembra proprio che non voglia farne a meno …
(Fonte L’Infiltrato)


 






giovedì, marzo 24, 2011


EOLICO SELVAGGIO
MOLISE, CONTINUA LO SCONTRO CON IL GOVERNO



Favorevole alla linea del governo è la lobby del vento (Anev), mentre una rete di 128 associazioni e comitati contro l'eolico selvaggio in Molise denuncia il possibile deturpamento del territorio e la speculazione. Perché installare centinaia di nuove turbine, in una regione che già produce più del suo fabbisogno energetico con le rinnovabili, si chiedono gli oppositori alle turbine.
 


 
Eolico selvaggio o violazione delle linee guida nazionali sulle fonti rinnovabili? Lo scontro tra regione Molise e governo sull'installazione di nuove turbine, ha portato il Consiglio dei Ministri a impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge 23/2010. Quest'ultima integra e modifica la legge regionale 22/2009, che disciplina gli impianti alimentati da fonti alternative sul territorio molisano. Secondo il governo, c'è un conflitto di competenza su due fronti. Innanzi tutto, sostiene il Consiglio dei Ministri in una delibera dei giorni scorsi, la norma approvata dal Molise contraddice le Linee guida nazionali sulle rinnovabili, approvate con decreto ministeriale lo scorso settembre.
“Le aree non idonee - si legge nei motivi dell'impugnativa - possono essere individuate con riguardo non a categorie generalizzate di aree ma solo a specifici siti, con riguardo all'installazione solo di determinate tipologie e/o dimensioni d'impianti, previo espletamento di un'istruttoria approfondita (dei cui esiti deve darsi adeguato conto nel provvedimento regionale che indica le aree non idonee)”. Tradotto dal burocratese, significa che una regione può vietare solo un certo tipo d'impianto (per esempio, una centrale eolica con una determinata potenza massima) in un luogo circoscritto, dopo aver compiuto un'analisi approfondita dell'impatto ambientale dell'installazione. Il Molise, invece, vorrebbe bandire l'eolico dalle aree e dai beni “di notevole interesse culturale” e da quelli dichiarati di “notevole interesse pubblico”, escludendo anche la Valle del Tammaro.
Il governo, inoltre, ritiene violato l'articolo 117 della Costituzione, perché i divieti della legge regionale potrebbero danneggiare la libera concorrenza nel mercato dell'energia (la tutela della concorrenza è una competenza legislativa esclusiva dello Stato). Un'altra violazione dell'art. 117 riguarda gli impegni internazionali e comunitari assunti dallo Stato, in questo caso sullo sviluppo delle rinnovabili per centrare gli obiettivi energetici del 2020. Favorevole alla linea del governo è la lobby del vento (Anev), mentre una rete di 128 associazioni e comitati contro l'eolico selvaggio in Molise denuncia il possibile deturpamento del territorio e la speculazione. Perché installare centinaia di nuove turbine, in una regione che già produce più del suo fabbisogno energetico con le rinnovabili, si chiedono gli oppositori alle turbine. Alla Consulta il compito di dirimere la questione.(Fonte L’Infiltrato)






mercoledì, marzo 23, 2011


INQUINAMENTO, APERTA INCHIESTA CORSI D'ACQUA ABRUZZO E MOLISE


 


La Procura di Sulmona ha aperto un'inchiesta su un presunto inquinamento di alcuni corsi d'acqua che dall'Abruzzo attraversano il Molise. Nei guai sono finiti, per il momento, i componenti del consiglio di amministrazione dell'Asa, la società a capitale pubblico privato che gestisce la discarica e l'impianto per il trattamento dei rifiuti di Bocche di Forlì, che si trova nel comune di Castel di Sangro, ai confini con il Molise.
L'origine dell'inquinamento, secondo gli accertamenti fatti dal Corpo forestale dello Stato, sarebbe imputabile a un percolamento della discarica che si riverserebbe sul torrente Vandrella e quindi sul fiume Vandra affluente del Volturno. Nei giorni scorsi i forestali avevano accertato che il Vandrella, poco più a valle dell'impianto di compostaggio e stoccaggio dei rifiuti, presentava una colorazione rossastra. Tutti gli atti sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica di Sulmona, competente per territorio. La discarica di Bocche di Forlì, che si trova proprio al confine con il Molise, serve i 13 comuni dell'Alto Sangro, area Parco nazionale d'Abruzzo e dell'Altopiano delle Cinquemiglia. (Fonte Il Capoluogo.it)



 







 

martedì, marzo 22, 2011



 


MOLISE L’ELDORADO DELLE MAFIE



 Che c'azzecca - direbbe Di Pietro - l'abusivismo edilizio con l'inquinamento e i rifiuti? Di solito i secondo non sono che la conseguenza del primo: oasi distrutte, parchi naturali cementificati, riserve utilizzate per smaltire materiali edili. Tutto torna nel grande gioco delle mafie italiane. Con un dato sconcertante, che riguarda l'impunità. Nel 2006 a fronte di 23.551 reati ecomafiosi accertati, in Italia ci sono stati appena 163 arrestiIn Molise a fronte di 224 infrazioni zero (!) arresti. Ecco perchè la regione governata dal Presidente Iorio si è trasformata nell'Eldorado eco-mafioso.
 
 


di Carmine Gazzanni & Andrea Succi
 


 Ci si potrebbe chiedere: cosa c’entra l’abusivismo con l’inquinamento? I due illeciti sono strettamente legate. Come segnalato, infatti, nel 2009 c’è stata una crescita nell’inquinamento derivante da scarichi fognari o cattiva depurazione del 45% rispetto al 2008. Ebbene,  tale crescita percentuale va di pari passo con un’altra crescita, quella, appunto, dell’abusivismo edilizio costiero (+ 7,6%). Casualità? Probabilmente no, “visto che di solito i secondi non sono che la conseguenza del primo”. 
 



Possiamo pensare, inoltre, che dietro tale abusivismo ci sia ancora una volta la mano delle criminalità organizzate, dato che sono proprio le regioni a tradizionale presenza mafiosa in testa nella speciale classifica di riferimento: la Campania è in testa con 1514 infrazioni; segue la Puglia (1338 infrazioni), la Sicilia (1267) e laCalabria (1160). Si potrebbe citare, tra i tanti, il caso del lungomare di Triscina, frazione del Comune di Castelvetrano in provincia di Trapanai, che detiene il triste record di “abusivismo diffuso” con le sue cinque mila case fuorilegge; o ancora le tremila case dell’Oasi del Simeto (Catania): nonostante l’area fosse stata inserita già nel 1969 in un Parco territoriale che nel 1984 divenne riserva naturale, l’abusivismo ha portato alla presenza – come detto - di ben tremila costruzioni abusive.
 



O ancora, spostandoci in Calabria, potremmo ricordare il caso eclatante di cemento in spiaggia (se non proprio in mare) con quella che gli abitanti di Catanzaro chiamano oramai la “Palafitta”: una costruzione sul bagnasciuga nel mare di Falerna che ha vissuto una vicenda giudiziaria interminabile e, dopo ben 37 anni, ancora si attende una sentenza definitiva che stabilisca se la “Palafitta” sorga sul demanio oppure no. E si potrebbero citare, ancora, le 800 ville dei clan nell’Area marina protetta di Capo Rizzuto (Crotone), per le quali partirono indagini che hanno portato all’arresto di 150 persone.
 



Tuttavia, l’inerzia delle amministrazioni locali si fa sentire: nel giugno 2008 è stato firmato il contratto con una ditta di demolizioni per abbattere i primi 18 manufatti. Mada allora tutto tace: il procuratore è stato trasferito e delle ruspe non si è vista nemmeno l’ombra.
 


La leadership, tuttavia, è, come detto, in mano alla Campania. D’altronde anche se riprendessimo il rapporto “Ecomafie” ci accorgeremmo della gravità della situazione in questa regione: negli ultimi dieci anni sono state tirate su 60 mila case fuorilegge, una media di 6.000 all’anno, ovvero 500 al mese, cioè 16 al giorno. Siamo nella regione dove il 67% dei Comuni sciolti per mafia è commissariato per reati legati all’abusivismo gestito direttamente dai clan della camorra. Per quanto riguarda la Campania diversi sono i casi emblematici.


Potremmo menzionare lo scempio di Alimuri (Napoli), l’ecomostro che quest’anno compie 48 anni, una spaventosa struttura di cemento (18 mila metri cubi su un' area di 2 mila metri) alta 16 metri in paziente attesa che qualcuno decida le sue sorti; l’albergo del Clan Nuvoletta a Castelsalandra (Salerno) nel cuore del Parco Nazionale del Cilento: nonostante la zona, chiaramente, fosse di assoluta inedificabilità, l’albergo ricevette la licenza edilizia dal Comune e il clan subito ne approfittò aumentando  immediatamente le cubature e realizzando al suo interno alcune piscine e il campo per il tiro al piattello, un piccolo zoo e anche 25 villette.
 



Altro grosso interesse delle criminalità organizzate sono i rifiuti: si registra, infatti, una decisa impennata di infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti (da 3.911 nel 2008 a 5.217 nel 2009). I numeri sono spaventosi: 7 miliardi il giro d’affari del traffico di rifiuti speciali (ossia quelli di produzione industriale); 3.000 metri l’altezza della montagna, di tre ettari di base, che sorgerebbe con i rifiuti speciali scomparsi nel nulla dal 2006; 13 milioni le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente nella sola Campania dal 2006 al 2009; 66 le procure impegnate in inchieste relative al traffico illecito di rifiuti nel 2008.
 



Una nota a parte merita certamente il traffico illegale di PFU (pneumatici fuori uso).  Infatti tali traffici nel 2009 hanno riguardato ben 16 regioni italiane e hanno coinvolto anche Paesi stranieri, o come porti di transito o come mete finali di smaltimento: CinaHong KongMalaysiaRussiaIndiaEgittoNigeria eSenegal. E dalle indagini emerge chiaramente come i PFU siano al centro degli interessi dei trafficanti criminali: ”questa tipologia di rifiuti – sottolinea Legambiente -è stata al centro di oltre l’11% del totale delle inchieste svolte dal 2002 ad oggi”. Ed infatti sono proprio le regioni a tradizionale presenza mafiosa quelle nelle quali si concentrano le discariche abusive: qui troviamo più del 63% delle discariche abusive, per una superficie complessiva pari al 70,4% di quella sequestrata in tutta Italia dalle Forze dell’ordine. La prima regione per numero di discariche sequestrate, contenenti PFU, è la Puglia, con 230 siti, quasi il 22% del totale nazionale. Al secondo posto della classifica per regioni si colloca la Calabria con 159 siti illegali, seguita dallaSicilia (con 141 discariche) e dalla Campania, con 131.
 



I danni di tali traffici sono diversi. A iniziare da quelli ambientali e salutari. Molto spesso vengono intaccate aree abbandonate, campi agricoli, aree industriali dismesse, quando non finiscono direttamente in mare. In più, la sostanziale indistruttibilità dei pneumatici fa sì che molto spesso vengano incendiati, con dannose conseguenze per l’aria che respiriamo. E ancora: “la forma cava e la particolare miscela dei materiali” portano il copertone, mischiato ad altri rifiuti, a “galleggiare” in discarica e allo stesso tempo a trattenere all’interno acqua piovana, creando un habitat ideale per la proliferazione di zanzare e topi. Con la concreta conseguenza che si possa giungere ad epidemie.
 



Ma il danno è anche economico. Legambiente, infatti, ha stimato un danno economico complessivo, sia alle finanze pubbliche che all’imprenditoria legale, accumulato sempre nel periodo 2005-settembre 2010, di oltre 2 miliardi di euro(esattamente 2.086). Un danno economico impressionante che va dal mancato pagamento dell’IVA per le attività di smaltimento, alla vendita illegale di pneumatici, dalle perdite causate alle imprese di trattamento, fino agli oneri per la bonifica dei siti illegali di smaltimento.
 



C’è una riflessione importante da fare: la proporzione tra rifiuti urbani e rifiuti speciali è di 1 a 3. Per ogni tonnellata di rifiuti prodotta dai cittadini ne arrivano 3 prodotte dalle industrie & simili. Ecco spiegato il motivo del morboso interesse da parte delle mafie nei confronti dello smaltimento illecito di rifiuti. Le industrie, le aziende, le società per produrre hanno bisogno di consumare. Se consumano hanno bisogno di qualcuno che si occupi dello smaltimento. Costi troppo elevati? No problem, arriva il broker della camorra che ti offre la sua terra a prezzi stracciati. Cosciente di una impunità pressoché garantita.
 



Facciamo degli esempi concreti: in Molise nel 2006 sono state accertate 224 infrazioni eco-mafiose, che comprendono reati per abusivismo edilizio, attività di escavazione illecite, traffico e smaltimento illecito dei rifiuti speciali, racket degli animali, furti e traffici di beni artistici e archeologici. Persone arrestate? 0. Zero.In Campania a fronte di 3.169 infrazioni accertate – parliamo di dati sempre riferiti al 2006 – le persone arrestate sono state solo 39. In Lombardia andrà meglio?Nemmeno per sogno: 942 infrazioni accertate, 9 arresti. La rossa Toscana? Una dellepeggiori, in questo senso: 1.421 reati e 2 sole persone arrestate. Il totale nazionale vede 23.551 infrazioni accertate e appena 163 arresti.
 



Delinquere conviene. Soldi facili e impunità. Ma in certe regioni conviene di più. Quali? In quelle dove gli arresti stanno a zero. Vale a dire Molise, Trentino Alto Adige, Val d’Aosta, Marche e Basilicata. E se far salire i camion di rifiuti in Trentino e Val D’Aosta è scomodo, costoso e inutile… dove si può andare con facilità e riducendo i rischi al minimo? Ecco spiegato il motivo per cui il piccolo Molise è divenuto l’Eldorado delle mafie. Con tutte le conseguenze ambientali che questo comporta. Anche e soprattutto per la salute umana. Quasi quasi conviene investire nel business delle pompe funebri. Tra qualche anno ci sarà tanto da lavorare.
 



A patto di non morire prima del tempo…
 


(Fonte L’Infiltrato)