Ancora promosse, ma con fatica crescente. In 9 spiagge europee su 10 ci si può tuffare con tranquillità. L’altra è un’incognita: in alcuni casi il livello di inquinamento è troppo alto, più spesso i campionamenti non sono stati effettuati in modo corretto. Inoltre se si applicassero i nuovi e più rigorosi parametri di prelievo dei campioni di acqua marina, previsti come obbligatori a partire dal 2012, le aree a rischio diventerebbero una su tre.
E’ quanto emerge dal rapporto annuale sulla balneabilità curato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente. Un quadro particolarmente allarmante per l’Italia: mentre l’Unione Europea sta facendo diventare sempre più serrati i controlli, l’Italia – che per un lungo periodo è stata in testa alla classifica dell’attenzione – si distrae. Negli ultimi anni il nostro rapporto sulla balneazione (con il dettaglio Comune per Comune) è stato reso noto quando ormai in molti avevano già finito le vacanze. E l’Agenzia europea ora ci avverte che, applicando le nuove regole, “il 61,8 per cento delle spiagge italiane risulta insufficientemente campionato”. L’aver messo la difesa dell’ambiente in secondo piano rischia dunque di costarci caro anche in termini turistici, accelerando la progressiva perdita di quote del mercato che stiamo subendo.
In cima alla classifica europea dei tuffi garantiti troviamo Cipro (100% delle spiagge in regola), la Croazia (97,3 %), Malta (95,4 %), la Grecia (94,2 %), l’Irlanda (90,1%). L’Italia figura al sedicesimo posto (poco più di 4 spiagge su 5 sono al livello di sicurezza e 3 su 4 arrivano ai valori guida). Complessivamente il 92,1 % delle coste marine e il 90,2 % di quelle dei laghi e dei fiumi raggiungono gli standard minimi richiesti. L’1,2 % delle coste marine e il 2,8 % di quelle interne sono inquinati. Il resto risulta non disponibile alla balneazione o non controllato.
La sicurezza delle spiagge europee “rimane alta, ma c’è spazio per un miglioramento”, ha commentato il commissario europeo all’Ambiente Janez Potocnick. “L’acqua pulita è una risorsa senza prezzo e non dobbiamo darla per garantita. Bisogna incoraggiare gli Stati a trasformare il leggero declino che abbiamo misurato quest’anno in un trend di miglioramento”.
Anche perché – come ha spiegato Jacqueline McGlade, la docente di biologia che dirige l’Agenzia europea dell’ambiente – il cambiamento climatico inciderà sul ciclo idrico creando una pressione che occorrerà governare con attenzione tornando al trend di miglioramento dei controlli sulla balneabilità che ha caratterizzato gli anni Novanta e che ora sta subendo una battuta d’arresto.
Una tendenza al peggioramento che risulta confermata analizzando non i parametri minimi richiesti per la balneazione ma i valori guida, quelli che meglio indicano l’effettivo stato delle acque. “La qualità delle acque di balneazione si è deteriorata tra il 2009 e il 2010: il numero delle spiagge che raggiungono i valori guida è diminuito del 9,5 per cento”, precisa il rapporto, aggiungendo che per le acque interne la percentuale sale a quota 10,2. Complessivamente solo il 79,5 % delle spiagge raggiunge la qualità prevista dai valori guida, mentre nel 2003 era l’89 %.
fonte: repubblica.it
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