Dalla monarca al faraone: farfalle che rischiano di sparire
I motivi della “crisi delle farfalle” sono tanti: deforestazione e disboscamento, cambiamenti climatici, inquinamento. Ma da una decina d’anni il nemico numero uno è il Roundup, un diserbante fortissimo che, precisa il New York Times, i contadini nordamericani usano con nonchalance, forti del fatto che le piantagioni transgeniche resistono a qualunque tipo di veleno. Il prodotto non uccide le farfalle, non direttamente:
fa terra bruciata della pianta senza la quale non possono vivere e riprodursi, le Asclepiadi, in inglese milkweed. Su questa erbaccia dai fiori eleganti ma infestante e velenosa, che cresce volentieri ai margini delle coltivazioni di soia e granturco, le monarca depongono le uova e delle sue foglie si nutrono i bruchi. “Nel nord degli Usa l’agricoltura è cambiata molto negli ultimi anni – spiega Moretto, autore di “In volo con la farfalla monarca” (Collana Butterfly Arc 2010) – e con la coltura intensiva di mais transgenico, i contadini diserbano tranquillamente e tutto il resto muore. Le farfalle non trovano più dove deporre e dagli anni ‘90 non hanno fatto che diminuire. In Messico, al contrario, le politiche contro la deforestazione stanno portando ottimi risultati”.
Non è la prima volta che il “bambi degli invertebrati” (così battezzata per via delle macchioline che ha e della simpatia che suscita nei bambini) è vittima della superficialità dell’uomo. Nel maggio del 1999 fece scalpore uno studio della Cornell University che dimostrava come il polline del mais Bt, cosparso sulle foglie di cui si nutre la monarca, fosse per lei tossico. “Quell’articolo sollevò un’ondata di proteste – spiega Valerio Sbordoni, ordinario di zoologia presso l’università di Roma Tor Vergata – ma nel settembre del 2000 due entomologi della Iowa State University pubblicarono i risultati di un esperimento che otteneva risultati del tutto analoghi. La cosa certa è che il mais Bt è stato immesso in campo e coltivato in milioni di ettari prima che ne fossero accertati gli effetti su ambiente e catene alimentari”.
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