SVERSAMENTI DI PETROLIO,
QUANDO IL PERICOLO SI NASCONDE DOVE NON TE LO ASPETTI
Nature
pubblica una interessante ricerca presentata alla conferenza Gulf of Mexico oil
spill and ecosystem science che si è tenuta a New Orleans, in Louisiana. Gli
oceanografi della Florida State University (Fsu) di Tallahassee hanno
analizzato le immagini satellitari, gli ed hanno scoperto che i “piccoli”
sversamenti di petrolio dal fondo trivellato a più non posso del nord del Golfo
del Messico sono spesso molto più grandi di quanto riportato dai dati
ufficiali.
Questi
piccoli sversamenti, che vanno dalle perdite durante le trivellazioni
petrolifere agli sversamenti di carburante e lavaggi delle cisterne delle navi,
«Si verificano con regolarità sorprendente – scrive Nature – e tendono a
sfuggire all’attenzione dell’opinione pubblica che segue le grandi
fuoriuscite». Quando qualcuno sversa prodotti petroliferi nelle acque
statunitensi, l’incidente deve essere segnalato al US Coast Guard’s National
Response Center di Washington DC e chi lo ha provocato deve fornire una stima
della zona interessata.
Gli
oceanografi della Fsu ha lavorato con SkyTruth, una Ong che tiene traccia degli
sversamenti petroliferi e di altri eventi utilizzando soprattutto immagini
satellitari accessibili a tutti. L’obiettivo era quello di dare uno sguardo più
da vicino alle piccole fuoriuscite croniche, sfruttando un database di immagini
satellitari della Fsu con una risoluzione molto più elevata, ottenute con il
Synthetic aperture radar (Sar).
La
ricercatrice della Fsu Samira Daneshgar Asl, dopo aver identificato le immagini
che mostrano l’estensione degli sversamenti accidentali, le ha analizzate con
un programma che utilizza le differenze nella struttura delle acque
superficiali nelle quali è presente il petrolio per calcolare la reale
estensione delle “slick”, le macchie galleggianti di idrocarburi. Il risultato
è molto preoccupante: gli sversamenti causati dall’uomo sono in genere circa 13
volte più estesi rispetto alle stime riportate dal National Response Center.
(Fonte: Informambiente)
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