La ferocia dell'uomo: la
strage dei cetacei in Danimarca nelle isole Feroe
Oramai da anni se ne
sente parlare ogni tanto, quasi come un sussurro, come se la notizia dovesse
passare sotto silenzio.
Parliamo dei globicefali
(specie Globicephala melas) o come meglio sono conosciuti le balene pilota (chiamati
così perchè più che rassomigliare a dei delfini sono simili alle balene)
appartenenti alla famiglia dei Delphinidae, conosciuti in lingua spagnola come calderones.
Sono delle creature
molto pacifiche che amano vivere in branchi composti per lo più da femmine con
i loro piccoli. Raggiungono i 5-7
m di lunghezza ed un peso di oltre 2t e vivono
mediamente 50 anni.
Hanno un carattere molto
mansueto, sono socievoli tanto che si avvicinano tranquillamente alle barche ed
alle persone senza alcuna riserva. Vivono in quasi tutti i mari del mondo dove
sono presenti acque non troppo fredde (infatti l'unica zona del mondo dove non
si localizzano sono le acque del polo).
Le isole Feroe (che in lingua danese è scritto Fær Øer Islands)
sono un arcipelago formato da 18 isole a metà strada tra l’Islanda e la
Norvegia che dal 1948 sono una regione autonoma del Regno di Danimarca (come la
Groenlandia) con ampia autonomia per tutte le questioni politiche interne e non
fanno parte dell’Unione europea con la quale hanno solo degli accordi
commerciali bilaterali.
La stima
ufficiale delle catture dichiarata dai faeroesi è di circa
mille delfini balena all’anno, cifra come loro sostengono, “sostenibile”,
mentre le stime ufficiose parlano di 1500-3000 all’anno. Se consideriamo
che queste pacifiche creature vivono mediamente 50 anni e le femmine
raggiungono la maturità sessuale intorno ai 7 anni con periodi di gestazione
molto lunghi (15 mesi), una uccisione così massiccia, se sommata alle altre che
avvengono nel resto del mondo, soprattutto in Giappone, deve destare seria
preoccupazione per la conservazione di questa specie.
Le
motivazioni ufficiali che spingono questo popolo a compiere queste mattanze le
possiamo leggere dal sito delle Isole Faroe: l’uccisione di questi
cetacei è una tradizione molto antica che risale a 1200 anni fa ed è legata
alla sussistenza: per ottenere cibo (considerato un alimento essenziale per la
loro dieta), pelle per realizzare corde, grasso per ricavare olio come
combustibile, stomaci come galleggianti e così via. Ora, sempre dallo
stesso sito si legge che l’economia è retta da una fiorente industria della
pesca, che produce prodotti ittici di alta qualità per l’esportazione, si
allevano le pecore che forniscono fino al 60% di tutti i prodotti a base di
carne, si cacciano gli uccelli marini, si allevano i bovini da latte che
soddisfano tutte le esigenze interne di latte, così come la coltivazione delle
patate. Insomma da quel che si legge non si comprende, come mai ci sia questo
bisogno di caccia per sussistenza delle balene pilota.
Questa motivazione, che
poteva essere valida secoli fa, sicuramente oggi appare alquanto anacronistica,
considerando che i faeroesi godono oggi di elevati standard di vita e che
occorre molta fantasia per immaginare che per illuminare le loro case usino le
lampade alimentate con olio di balena! Tra l’altro non si spiega come mai, pur
essendo scientificamente appurato che la carne dei globicephala melas contenga
alti livelli di mercurio, estremamente dannosi per la salute umana, si continui
questa caccia. Infatti, sempre nello stesso sito si legge “questo fatto è fonte
di preoccupazione ma non è un motivo per smettere la caccia perché i rischi
alla salute devono essere controbilanciati dal fatto che la carne di balena è
ricca di grassi polinsaturi, è magra e ricca di proteine”.
Allora
quale è il vero motivo? Forse una caccia che ormai è diventata uno sport?
FONTE
elicriso.IT
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