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domenica, marzo 20, 2011

SULLA NOSTRA PELLE


Veronesi: “Riflettiamo” E la Prestigiacomo…

 



ROMA -Nucleare, ora la parola d’ordine è “riflessione”. E l’agenzia Dire cattura un dialogo fra il ministro Prestigiacomo, il portavoce del premier Boonaiuti e Tremonti: ”E’ finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese”.
Per giorni il governo ha insistito sulla bontà della politica delle centrali, soprattutto per bocca del ministro dell’Ambiente. Ma a poco a poco sono affiorati i distinguo, anche sull’onda delle resistenze dei Governatori. Ma il vero punto di svolta è arrivato nel giorno della festa dei 150 anni, con una nota a firma di Umberto Veronesi. E cioè del celebre oncologo ed ex senatore del Pd, che ha lasciato Palazzo Madama per diventare presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare.
Veronesi ha dettato una lunga dichiarazione: “Le gravi vicende dei quattro reattori giapponesi impongono inevitabilmente a chi, come me, ha deciso di  occuparsi di sicurezza degli impianti nucleari e di salvaguardia della popolazione, di mettere da parte lo sgomento e prendersi una pausa di riflessione profonda. Le caratteristiche di eccezionalità degli eventi giapponesi, dove al terremoto si è associato lo tsunami e poi  l’incidente atomico, ha risvegliato in tutti noi paure ataviche e visioni apocalittiche, oltre che dolore e solidarietà sincera per la gente e per gli eroi, tecnici e scienziati, che tentano in ogni modo di salvarla. Io rimango convinto che il mondo non può fare a meno del nucleare per sopravvivere, tenendo conto che  petrolio, carbone e gas hanno i decenni contati e che sono nelle mani di pochissimi Paesi,  che stiamo avvicinandoci ai 7 miliardi sul Pianeta con bisogni sempre maggiori di energia, e che le altre fonti di energia non sono attualmente  sfruttabili  in modo tale da assicurare la copertura del fabbisogno.
Dopo l’incidente delle centrali nipponiche tuttavia non posso evitare di pormi degli interrogativi. A cominciare dai sistemi di sicurezza delle centrali di Fukushima: perché non sono stati in grado di essere attivati con efficacia? Dobbiamo concludere che erano insufficienti?  Mi domando poi se i modernissimi reattori di terza generazione avanzata di cui vorremmo dotarci  avrebbero resistito a uno tsunami di quella portata, e se  siamo sicuri che sia più opportuno e più sicuro avere pochi reattori di grande taglia,  piuttosto che dotarci di una rete di minireattori. Per rispondere a queste e ad altre domande, vorrei personalmente approfondire e riesaminare i piani ( che peraltro ho sempre ritenuto eccellenti) di sviluppo nucleare del nostro Paese, anzi dell’Europa. Noi abbiamo il vantaggio di ripartire da zero e di poter fare scelte libere da vincoli e siamo quindi nelle condizioni migliori per decidere con coscienza, prudenza,  intelligenza, e senza fretta”.
E prima della parola dello scienziato, è arrivata quella del politico. “Non obbligheremo nessun territorio ad ospitare una centrale nucleare, anche se la legge lo consentirebbe” ha affermato il ministro allo Sviluppo Economico, Paolo Romani. “Il tema della riflessione sul nucleare – ha spiegato il ministro – deve contemplare anche la condivisione delle scelte. Maggioranza, opposizione e comunità locali devono condividere il processo e devono essere informate sui processi di sicurezza. Nessuno, quindi sarà obbligato ospitare eventuali centrali. C’è ovviamente una grande preoccupazione, ma mi pare prematuro parlare di uno stop definitivo”. Per il presidente dei Verdi Bonelli, le parole di Romani sono un inganno: “Solo per far calmare le acque”.
fonte: repubblica.it


 












sabato, marzo 19, 2011


Situazione mare e fiumi
Le torbide acque italiane.



I mari italiani (e non solo i mari) risultano essere tra i più inquinati in Europa. In questo caso è evidente, molto spesso, la mano delle criminalità organizzate. Ma anche la noncuranza delle istituzioni gioca un ruolo chiave nel degrado  marittimo. Secondo il rapporto “Mare Monstrum”, infatti, “la pesca abusiva, il cemento illegale sulle coste e l’assenza di depurazione rappresentano quei fardelli di illegalità che è difficile scrollarsi di dosso”. Il 2010, addirittura, ha fatto registrare un più 48% rispetto all’anno precedente riguardo i reati ambientali in questo settore.
 


di Andrea Succi & Carmine Gazzanni
Stando a quanto rilevato  sono dieci “i nemici del mare italiano”. Potremmo citare, ad esempio, la spaventosa crescita delle trivellazioni off-shore: a causa della semplificazione della normativa approvata dal Governo, infatti, molte società energetiche hanno potuto ottenere permessi di ricerca in zone estese per circa 39 mila km2 dislocati in 76 aree, localizzate per la gran parte “in aree di elevato pregio ambientale e considerate zone sensibili proprio per i loro ecosistemi fragili e preziosi da tutelare”. Altro “nemico” la minaccia del nucleare: il Governo Berlusconi, infatti, nel 2009 ha firmato con il governo francese un accordo per realizzare “4 reattori di tecnologia EPR da 1.600 MW (a cui se ne dovranno aggiungere almeno altri 4 per arrivare al 25% di elettricità dall’atomo)”. E quali le aree interessate? Aree costiere come Montalto di Castro (Viterbo), dove, secondo indiscrezioni, verrebbero realizzati 2 reattori.
Le altre località ipotizzate anche sono tutte città costiere o città affacciano sulle foci dei fiumi: Monfalcone in Friuli Venezia Giulia, Chioggia in Veneto, il delta del Po,Termoli in Molise, il Salento in Puglia, Termini Imerese e Palma di Montechiaro in Sicilia, la costa tra le province di Latina e Caserta e quella tra la provincia di Grosseto e Livorno in Toscana, la provincia di Oristano e l’Ogliastra in Sardegna.
Un’altra questione fortemente critica, ancora, è rappresentata dagli scarichi civili non depurati. Secondo il rapporto di Legambiente circa 18 milioni di abitanti (il 30% della popolazione) “non è servito da un impianto di depurazione, mentre il 15% non ha a disposizione una rete di fognatura dove scaricare i propri reflui”. Numeri certamente imbarazzanti per il settimo Paese più industrializzato del mondo. Non è un caso, infatti, che il nostro Paese sia stato deferito alla Corte di Giustizia Europea per violazione della direttiva sul trattamento dei reflui urbani con ben 178 Comuni finiti sul banco degli imputati. Di questi 78 sono in Sicilia (tra cui anche Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento), 32 in Calabria(tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone), altri comuni in Campania dove non potevano mancare Benevento, Napoli, Salerno, Avellino e Caserta, 19 comuni - fra cui Imperia, Genova e La Spezia - in Liguria; e poi dieci comuni pugliesi, le province di CampobassoIserniaTrieste e Chieti.
Non è un caso, allora, che i dati relativi al 2009 attestino una spaventosa crescita nell’inquinamento derivante dagli scarichi fognari illegalicattiva depurazione inquinamento da idrocarburi (aumento quasi del  45% rispetto all’anno precedente). Uno degli ultimi casi che ci lascia capire quanto drammatiche possano essere le conseguenze della noncuranza degli organi preposti alla vigilanza delle acque, è rappresentato dal Molise.
Per alcune settimane, tra novembre e gennaio, in ben otto comuni del Basso Molise(Larino, Termoli, Portocannone, San Martino in Pensilis, Ururi, Guglionesi, Petacciato e Campomarino) è stato vietato l’uso a fini potabili dell’acqua per l’elevata presenza di trialometani. “I trialometani – secondo fonti scientifiche - sono sospettati di creare danni al fegatoreni e al sistema nervoso centrale. Sono inoltre considerati cancerogeni”. Proprio per questo si è deciso di impedire che si potesse bere quell’acqua. Ma allora chiediamoci perché mai si è giunti a tale concentrazione di trialometani: queste particelle “si formano per un processo di reazione del cloro con la materia organica contenuta nell'acqua e la loro concentrazione è cresciuta con le piogge abbondanti di quei giorni”. Insomma, i trialometani si formano all’aumentare della presenza di cloro nell’acqua. Ed il cloro, infatti, in quelle acque abbondava. “Molise Acque” stessa – la società che gestisce il Lago artificiale del Liscione – ha ammesso il surplus di cloro, ma lo ha giustificato affermando che si è reso necessario a causa dell'aumento del carico di inquinanti e di fanghi nell’invaso dovuto alle piogge abbondanti e alle nevicate di quei giorni. Verrebbe allora da pensare che sia quasi normale e naturale la loro formazione. Ma così non è: “Lo è se il sistema di potabilizzazione è vecchio e non funziona come dovrebbe.
Un adeguato sistema di potabilizzazione dovrebbe evitare proprio la formazione di questi elementi nocivi per la salute umana”. Ed infatti l’acqua che arriva nell'invaso viene depurata attraverso un impianto che gestisce direttamente Molise Acque. Ma quest’impianto è – appunto - “vecchio e non funziona come dovrebbe”. Infatti, qui, per “ripulire” l'acqua, vengono utilizzate sostanze chimiche. E questo giustificherebbe, ad esempio, anche la moria di carpe in notevole quantità, denunciata già da mesi precedenti.

Oggi l’emergenza pare essere rientrata, ma intanto i vertici dell’azienda speciale regionale “Molise Acque”, il presidente Stefano Sabatini e il direttore generaleGiorgio Marone, sono ufficialmente indagati dallo scorso 15 febbraio per concorso in omissione di atti d’ufficio e avvelenamento colposo di acque. Agli indagati viene contestato di non aver preso le giuste misure di sicurezza per evitare la contaminazione chimica dell’acqua nonostante fossero consapevoli del fatto che il livello di trialometani nella diga del Liscione si era innalzato già da mesi e che anche diversi tecnici avevano consigliato di adottare tali misure.
Ma quanto detto non è che un esempio della triste realtà molisana. Una realtà nella quale ben 50 mila abitanti non sono coperti dal servizio di depurazione. Una grossa percentuale se ricordiamo che questa regione conta 320 mila abitanti. Ma d’altronde problemi di depurazione – come detto anche prima - sono presenti in diverse zone del nostro Paese: la regione in cui registriamo la percentuale più alta di cittadini non serviti da depuratore è la Sicilia con 2,3 milioni di persone (il 54% del totale). A seguire la Campania dove il servizio lascia scoperti quasi 2 milioni di cittadini. Nel Lazio e in Toscana, invece, circa 1,4 milioni (il 38% del totale) riversano ancora nei fiumi o nel mare.
Inquinamento, incuria, degrado, criminalità, indifferenza, sono queste le maggiori cause che stanno minacciando la sicurezza idrica, la biodiversità dei fiumi e l’alimentazione (frutta e verdura in particolare) che viene irrigata con acque a dir poco torbide.
Il Po di Volano, il torrente Parma, il fiume Mincio, lo Spino d’Adda, il canale Marcova, il Naviglio, il Volturno (il fiume più inquinato d’Italia..) sono tutti corsi d’acqua estremamente inquinati. E ancora.
Nel 2010 la rivista Focus ha raccontato “Gli orribili 7”: il fiume Aniene, l’Aterno-Pescara, il Lambro, l’Oliva, il Sacco, il fiume Saline e il fiume Sarno.

“All'inquinamento agricolo (l'acqua che torna alle falde o ai fiumi dopo essere passata sui terreni agricoli trasporta pesticidi e fertilizzanti) si aggiungono gli scarichi industriali più o meno trattati, ma il nemico numero uno degli ambienti fluviali sono gli scarichi civili e zootecnici. I liquami sono di per sé dei fertilizzanti, ma il loro eccesso produce un'esplosione di vita acquatica che in breve tempo consuma l'ossigeno dell'acqua e l'ecosistema fluviale a quel punto va in "crisi respiratoria" e molte specie muoiono: è la cosiddetta eutrofizzazione. Da notare che in Italia la depurazione civile è ancora assolutamente insufficiente: secondo il censimento Istat del 2008 il totale dei liquami civili scaricato nei fiumi senza subire nessun trattamento di depurazione è paragonabile a quello prodotto da 41 milioni di abitanti.”
I pesci possono morire direttamente nel fiume o sulle nostre tavole. Ma sempre inquinati e malati sono. E mangiare cibo infetto può causare tumori. Soprattutto al colon-retto ed allo stomaco..

(Fonte L’Infiltrato)









venerdì, marzo 18, 2011


Molise ambiente: salvaguardia?
Macchè, tagli e inquinamento


 



In Molise la salvaguardia ambientale è solo propaganda, tanto è vero che la Regione taglia le strutture di controllofavorendo quindi i fattori d’inquinamento.
L’ Infiltrato.it ha ripreso la notizia secondo cui i rifiuti abruzzesi erano destinati a finire nella discarica di Guglionesi per via di un accordo stipulato tra Abruzzo e Molise.
Ma non finisce qui, perché la questione è molto intricata anche da un punto di vista “occupazionale” e “amministrativo”. Vediamo di capirci meglio: come denunciato dal consigliere regionale Michele Petraroia, dal 17 settembre l’Assessorato all’Ambiente ha 5 strutture totalmente scoperte nel Servizio Prevenzione e Tutela Ambientale. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma nessuno ha mai denunciato tali tagli? Certamente si:  ci sono state “ben 9 note pregresse dal funzionario (Ing. Antonio Campana, ndr) che chiede di essere trasferito ad altro Servizio per la materiale impossibilità ad assolvere al proprio ruolo”, visto il disservizio causato dall’inefficienza di 5 uffici dell’Assessorato.
Ben 9 note senza che ci sia mai stata alcuna risposta (le lettere, chiaramente, erano indirizzate ad alti dirigenti, in primis Vitagliano e Iorio). Ancora, ci potrebbe essere qualcuno disposto a scusare l’accaduto nonostante il silenzio della giunta: “ma chissà, probabilmente queste note sono arrivate a poca distanza l’una dall’altra in un periodo nel quale la Giunta è alla prese con l’annoso problema della sanità”. Eppure anche questa scusante non regge: la prima delle nove note risale al 12 febbraio 2007. Ben due anni sono passati dalla prima segnalazione. Due anni, dunque, di segnalazioni e neanche una risposta.
Nell’ultima (6 settembre 2010) il Responsabile del Servizio, l’Ingegner Campana, denuncia con toni forti l’assurda situazione dell’Assessorato all’Ambiente: “negli ultimi 5-6 anni alla guida dell’Assessorato si sono susseguiti cinque direttori generali e cinque assessori, ma nessuno si è mai preso a cuore la situazione del personale per fare in modo che il servizio funzionasse dignitosamente”. La conseguenza, dunque, è che nel totale disinteresse sono scaduti contratti che hanno reso 5 uffici totalmente scoperti di funzionari; e questa situazione – dice Campana nella nota – “porterà al blocco delle funzioni istituzionali di competenza del servizio” e dunque  all’interruzione “di un pubblico servizio, con tutte le conseguenze erariali e penali che questo potrà comportare per l’amministrazione”.
Ma quali saranno, in concreto,le conseguenze? Le illustra Michele Petraroia in una nota: “in pratica la Regione non può dare informazioni sulla qualità delle acque, sui siti inquinati, sulla rumorosità e sui programmi speciali, non può eseguire istruttorie e controlli per le emissioni in atmosfera, per la gestione dei rifiuti, per la trasmissione di dati obbligatori al Ministero e/o all’Unione Europea, né potranno eseguirsi istruttorie e pagamenti per le Delibere CIPE o per pratiche inerenti il POR o i fondi FAS”. Dunque zero controlli e nessuna informazione disponibile per il cittadino. Una regione che non ha (o non vuole avere) i mezzi per informare, controllare, accertare, ispezionare. Il tutto in un territorio nel quale – continua Petraroia – “sono presenti industrie chimiche ad alto rischio, un termovalorizzatore che brucia fino a 100 mila tonnellate di rifiuti annui, inceneritori di rifiuti speciali ospedalieri, centrali a biomasse”.
E non è nemmeno finita qui. Il Molise, infatti, detiene altri tristi record. Come denunciato da Goletta Verde   la situazione delle acque molisane è drammatica: le foci dei fiumi sono infatti “risultate con una concentrazione di inquinamento microbiologico ben oltre i limiti di legge”. Il tutto, poi, è acuito dal fatto che, secondo gli ultimi dati, ben il 15% della popolazione molisana (circa 50 mila abitanti) non è servita da depuratore.
Ma perché tale disinteresse?
La risposta è quanto mai scontata: il Molise non investe nella salvaguardia dell’ambiente, ma nella sua deturpazione (che è causa, a sua volta, di un ritorno economico).

A marzo, infatti, una ricerca condotta da “Sbilanciamoci” mostra proprio quanto detto. Già in Italia la situazione è abbastanza disastrata: considerando il numero annuale delle cosiddette “eco-invenzioni” il nostro Paese è al dodicesimo posto tra i 16 dell’Unione Europea. Se passiamo, poi, agli investimenti regionali ci rendiamo conto di quanto ancora meno si faccia in Molise, nonostante le molte e molte ricchezze ambientali di cui dispone la nostra regioneGli stanziamenti in valore assoluto per “la promozione di prodotti e processi rispettosi dell’ambiente” in Molise siaggirano intorno ai 9,5 milioni di euro. Una cifra molto esigua se ci si confronta con la Puglia (520 milioni). Non è un caso che, fatta eccezione delle regioni a statuto speciale, il Molise è tra le ultime regioni di questa speciale classifica dopo Marche, Emilia Romagna e Basilicata.
Non si investe, dunque, in nulla che potrebbe in qualche modo salvaguardare l’ambiente. Il dossier di “Cittadinanza Attiva” a tal proposito parla chiaro: il Molise è tra le regioni che più ricorrono alle discariche (per l’87% dei rifiuti), insieme a Sicilia, Puglia, Lazio e Basilicata. Dati, questi, confermati  secondo cui “Puglia e Molise stanno ‘annegando’ nelle discariche”.
E la differenziata? Neanche a dirlo: solo il 5% dei rifiuti sono destinati alla raccolta differenziata. A tal proposito una nota di merito è per comuni come San Martino in Pensilis che, per meriti più dell’amministrazione comunale che di altri, si è attivata in maniera decisa in tal senso. Ma, c’è da dirlo, questo comune rimane solo e soltanto una mosca bianca.
 Dunque, nessun finanziamentotagli negli uffici preposti alla tutela e alla prevenzione ambientale, nessun controllo e abitanti tenuti all'oscuro di tutto. Sembra quasi che per la salvaguardia dell’ambiente i soldi non ci siano. Ma attenzione: sono soldi che ricompaiono subito quando si parla di forti guadagni, anche se questo significa deturpare il territorio.
Il caso “eolico selvaggio” docet.
 
(Fonte: L’infiltrato)


 













 

giovedì, marzo 17, 2011



in un giorno importante come questo non possiamo non ricordare la tragedia di un grande popolo: il GIAPPPONE.
 








I TUMORI IN ITALIA/ Intervista con Roberta De Angelis (ISS):"In alcuni casi la politica prende le distanze."
 


Perchè in Italia (e in Molise) non c'è ancora un registro tumori? Perchè in tante realtà del Paese la sopravvivenza alle malattie tumorali è più bassa che altrove? Quali sono le relazioni tra inquinamento e indicatori epidemiologici? Esiste davvero una lobby che preme perchè certi numeri non spaventino la popolazione? E, soprattutto, come si può prevenire questa piaga del nuovo millennio? A queste (e non solo queste) curiosità ha risposto la Dottoressa Roberta De Angelis, dell'Istituto Superiore di Sanità.


di Andrea Succi & Carmine Gazzanni


In Italia (ancora) non esiste un registro tumori nazionale. Gli unici dati su mortalità, incidenza e prevalenza sono quelli forniti dal Reparto di Epidemiologia dei Tumori dell’Istituto Superiore di Sanità, che in uno progetto di ricerca del 2007 - “I Tumori in Italia” – ha provveduto ad analizzare e studiare le stime degli indicatori epidemiologici per i tumori più diffusi. Il progetto, realizzato in collaborazione con la Fondazione IRCCS di Milano e con il network dei registri italiani dei tumori (AIRtum), è diventato un volume monografico – “Current Cancer Profiles of the Italian Regions” –ed è stato inserito dall’Istat nella versione italiana del database “WHO – Health for all”.
La Dottoressa Roberta De Angelis, del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (ISS), ha fatto parte del gruppo di ricerca per il progetto “I Tumori in Italia” e ne ha seguito e curato tutte le fasi. Nell’intervista che ci ha gentilmente concesso, la Dottoressa De Angelis ci spiega come mai non c’è un registro tumori a livello nazionale, analizza con noi alcuni dati del progetto, mette in evidenza le ambiguità della politica rispetto ai registri tumori e prova a fornire linee guida su come prevenire quella che sembra essere la malattia del terzo millennio.
E di fronte alle nostre provocazioni su una presunta lobby che vorrebbe nascondere la portata di certi numeri….

 
Ci spiega a grandi linee di cosa vi siete occupati e qual è stato il metodo di lavoro?
Per capire il metodo bisogna ricordare che in Italia non esistono registri tumori a copertura nazionale, che il dato di incidenza tumorale deriva da registri locali, a copertura perlopiù provinciale, avviati a partire dalla fine degli anni 70, con una diffusione a macchia di leopardo, prevalentemente nel nord e centro. Di fatto, a livello nazionale, l’unico dato completo che abbiamo riguarda i trend di mortalità, che però rappresentano un dato parziale e insufficiente per capire l’evoluzione dei fattori di rischio del cancro nella popolazione. È invece utile conoscere l’incidenza, ovvero il numero di nuove diagnosi che si verificano ogni anno. Un altro indicatore interessante è la prevalenza, cioè il numero di malati, persone che in passato hanno avuto una diagnosi di tumore e che vivono ad oggi con questa patologia. Parte di questi pazienti sono a tutti gli effetti guariti, altri sono sotto trattamento. La nostra è una metodologia statistica che si basa sui dati di mortalità che esistono a livello regionale e, attraverso un'altra informazione che deriva dai registri tumori, cioè la sopravvivenza dei pazienti oncologici, ci permette di ricostruire sia l’incidenza che la prevalenza a livello regionale.
E come mai non c’è un registro tumori nazionale?
Succede in realtà in gran parte del sud e del centro dell’Europa. Fare un registro tumori è abbastanza difficoltoso: non c’è un’informatizzazione completa del percorso sanitario e quindi rintracciare nuovi casi implica una serie di operazioni di ricerca, anche manuali. I registri fanno un incrocio tra più sorgenti e fonti di informazioni e questo ha un certo costo, non solo dal punto di vista dei tempi. Una mappatura completa della popolazione manca anche in Francia, in Spagna, in Germania e negli Stati Uniti. Tipicamente, i registri a copertura nazionale esistono nei paesi più piccoli, ad esempio nei paesi scandinavi. C’è da dire però che negli ultimi anni c’è stato uno sforzo, sostenuto anche da parte del Ministero, di allargare la copertura di popolazione registrata soprattutto nelle aree del sud Italia, dove il dato era più basso. Quindi ci sono una serie di nuovi registri, soprattutto nelle regioni del sud, ma alcune regioni rimangono ancora scoperte.
Secondo Lei è plausibile che non venga istituito un registro tumori per non far venir fuori dati che potrebbero spaventare?
In Italia tutto è possibile però a questo si sono aggiunti anche problemi legati alla privacy: i registri sono quasi fuorilegge, nel senso che stanno incontrando parecchi ostacoli dal punto di vista normativo a causa delle restrizioni sulla privacy, perché non hanno una copertura legislativa adeguata. Questa è una delle problematiche che i registri devono affrontare da 4/5 anni e che la politica ancora non è riuscita a risolvere, cioè quella di consentire al registro l’utilizzo di dati nominativi. Riguardo al rapporto tra questi dati e la politica c’è un po’ di ambivalenza. Nella nostra esperienza, a volte, è successo che quando è emersa una bassa sopravvivenza rispetto ai tumori di alcune aree rispetto ad altre, indubbiamente i politici hanno preso le distanze.
E di quali aree stiamo parlando?
In generale, aree del sud.
E in casi come il Molise, dove il registro tumori non c’è, come vi siete mossi?
Cerchiamo di ricostruire indicatori con una metodologia uniforme per tutto il territorio nazionale. Utilizziamo i dati dei registri esistenti e i dati di mortalità per tumore introdotti dall’ISTAT per ricavare queste statistiche.
Dal 1970, che è il primo anno di riferimento, fino ad oggi c’è stato un + 100% di tumori in tutta Italia.
Questo fenomeno è legato a due fattori fondamentali:  uno è l’invecchiamento della popolazione, che ha comportato un incremento nel numero di malati; l’altro è la crescita di alcuni fattori di rischio, come il fumo di sigaretta, che negli uomini è la patologia tumorale dominante. Nelle donne, il fatto che sia aumentata l’età della prima gravidanza ha un ruolo nell’incremento dei tumori alla mammella. Altri fattori di rischio sono legati allo stile di vita: si va perdendo la dieta mediterranea, con una diminuzione del consumo di frutta e verdura, e si tende al consumo di alimenti industriali.
Però Lei tra i fattori di rischio non ha citato l’inquinamento ambientale. Le faccio una provocazione: è peggio fumare una sigaretta o vivere accanto ad un inceneritore?
Questa è una domanda un po’ grossolana, comunque sicuramente è peggio fumare un pacchetto di sigarette al giorno.
A parte il cambiamento della dieta mediterranea, ci può essere stato un deterioramento nella qualità di questi alimenti a causa dell’inquinamento ambientale? Quando i campi vengono giocoforza irrigati con acqua inquinata, e quindi frutta e verdura risultano inquinati, si crea un fattore di rischio?
Sicuramente non è positivo irrigare i campi con acqua inquinata e questo può essere certamente un fattore di rischio. Però queste relazioni vanno studiate nello specifico, esaminando gli specifici inquinanti e le esposizioni delle specifiche popolazioni esposte a questi rischi. In Italia si sta avviando adesso uno studio che vuole fare il punto sulla correlazione tra i dati epidemiologici esistenti nelle popolazioni residenti nei siti inquinati. Tenga presente che la mappatura dei siti a più alto tasso d’inquinamento è stabilita con appositi decreti, ma non bisogna cadere nel generico e nell’allarmistico.
Sa qual è il sospetto che viene fuori parlando con i vari comitati sparsi sul territorio?
Prego.
Che ci sia una lobby che voglia tenere nascosti certi dati. Ci sono rapporti tra multinazionali energetiche, ad esempio Veolia,  e fondazioni che si occupano di prevenzione oncologica, ad esempio la Fondazione Veronesi, che risultano quantomeno ambigui.
Guardi, francamente non saprei.
Dai dati evidenziati, dal 70 ad oggi c’è stato un aumento esponenziale della prevalenza,  mentre invece per mortalità e incidenza il livello attuale è più o meno paragonabile a quello del 1970.
La prevalenza è un indicatore cumulativo, nel senso che esprime il numero di pazienti che si sono ammalati negli anni precedenti e che non sono deceduti e quindi il fatto che aumenti è connaturale all’indicatore stesso. Negli ultimi anni si sta cercando di qualificare ulteriormente la prevalenza in più componenti: quella dei pazienti che sono a tutti gli effetti guariti, quelli che ancora hanno bisogno di monitoraggio e quelli che sono ancora in trattamento. L’incidenza è invece correlata ai fattori di rischio, ambientali o di vita, mentre la mortalità ha più a che fare con le cure. Una riduzione della mortalità è legata da un lato alla riduzione dell’incidenza dall’altro al miglioramento della sopravvivenza dei pazienti. Sono dimensioni diverse dello stesso problema.
Un altro dato che mi ha incuriosito riguarda la fascia giovanissima dai 0 ai 14: la mortalità dal 1970 ad oggi è diminuita.
Non c'è un sostanziale cambiamento dei fattori di rischio, che in queste fasce d’età riguarda principalmente questioni genetiche . Per contro ci sono stati grandi avanzamenti dal punto di vista clinico e quindi la prognosi è molto migliorata; infatti la sopravvivenza dei bambini e degli adolescenti è 10/20 punti superiore rispetto a quella degli adulti. In questi casi i miglioramenti di sopravvivenza si riflettono nei miglioramenti di mortalità.
Invece nella fascia d’età 40 -54, dal 1970 ad oggi la mortalità è aumentata. Se l’aumento dei fattori di rischio sarebbe stato compensato da un miglioramento dei fattori curativi, come spiega questo dato?
Nel caso delle donne può essere correlato con l’incremento del tumore alla mammella, che è la sede dominante nell’ambito delle sedi tumorali del sesso femminile. C’è stato un incremento dell'incidenza legato al cambiamento della abitudini riproduttive.
Come si previene la malattia del terzo millennio.
Fare attività fisica, smettere di fumare, evitare l’obesità, consumare frutta e verdura in almeno cinque porzioni ogni giorno, limitare il consumo di grassi soprattutto di origine animale, limitare il consumo di carne soprattutto rossa, fare un uso limitato di alcool. E sottoporsi ad esami di screening, che ormai sono disponibili su quasi tutto il territorio. Parliamo di elementi di cui è dimostrata l’efficacia.
Non me ne ha citato nemmeno uno che riguarda questioni ambientali. Lei nel suo intimo è convinta o no che inceneritori, turbogas, ecomafia, smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi provochi seri danni alla salute? Dal mondo scientifico sembra arrivare sempre un po’ di ambiguità a riguardo.
Io non posso farle l’elogio delle ecomafie. È abbastanza ovvio che tutte queste realtà dovrebbero essere combattute. Però se lei mi chiede che cosa concretamente ogni persona può fare, le rispondo che può assumere stili di vita sani. Su questo ognuno ha sicuramente il suo margine di intervento e di azione.
Se ti mettono l’inceneritore dietro casa non è che puoi prendere e andare da un’altra parte.
Storicamente no. Le persone non è detto che possano fare questo. Se parliamo di interventi di prevenzione a livello individuale, su cui ogni individuo può agire, il messaggio sicuramente è questo.
(Fonte L'infiltrato)



 



mercoledì, marzo 16, 2011


AMBIENTE E SALUTE
NEL BELPAESE SI MUORE



BASTA CHE NESSUNO LO SAPPIA


 


Un crimine ambientale ogni 43 minuti. Scuole dove piove amianto. Ecomafia ai massimi livelli. Fiumi dove la biodiversità è un lontano ricordo. Depurazione civile assolutamente insufficiente. Una natura colpita a morte non può che rispondere con la legge del taglione. Occhio per occhio dente per dente. Si muore. Si muore come niente, basta che nessuno lo sappia. E spopola la malattia del terzo millennio: The Cancer. I dati? + 100% in tutta Italia, dal 1970 ad oggi. Con casi eclatanti, come quello molisano.
 



L’Italia, un Paese che dispone di grandi ricchezze ambientali. Eppure le istituzioni – dal Governo, alle Regione, alle singole amministrazioni, agli istituti preposti alla salvaguardia ambientale – fanno ben poco per salvaguardare quella stessa inestimabile ricchezza: il degrado ambientale - con tutte le conseguenze del caso.. - sta diventando il problema numero uno con il quale il nostro Paese dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) fare i conti.
 



Secondo il Ministero dell’Ambiente oggi in Italia si registra un crimine ambientale ogni 43 minuti: si va dalle industrie inquinanti, agli enti locali colpevoli di violazioni in materia di caccia, espansione di cave, progetti deturpanti per il paesaggio o abusivi, progetti di grande opere prive di Valutazione di Impatto Ambientale, inquinamenti illeciti e così via.
 



Ma attenzione: il discorso, infatti, non è soltanto “verde” retorica, come molti potrebbero pensare. La questione è molto più ampia. Ad un degrado ambientale sempre più imbarazzante – non ci vuole un genio per capirlo – corrispondono necessariamente condizioni di vita in molti casi precarie.
 



Se la nostra salute è condizionata dalla realtà ambientale in cui viviamo e se l’Italia soffre una situazione d’emergenza, in cui s’intrecciano ecomafia e poco senso civico, è chiaro che aumenterà la nostra esposizione a contrarre la malattia del terzo millennio:The Cancer.
 



I dati che abbiamo analizzato – e di cui discuteremo nei prossimi giorni insieme ad esponenti dell’Istituto Superiore di Sanità – sono sconvolgenti.
 



Tumori? + 100% !

 


E allora vediamo come si è potuti arrivare a questo disastro umano…
(Fonte l’Infiltrato)





 

lunedì, marzo 14, 2011


SCANDALOSO !!!! IL GOVERNO BERLUSCONI IMPUGNA UNA LEGGE REGIONALE DEL MOLISE PER CONSENTIRE IL SACCO AMBIENTALE AGLI AFFARISTI DELL’EOLICO SELVAGGIO
 



Tremila pale eoliche in una regione di 4 mila Km quadrati rappresentano un affare che in 20 anni frutta 60 miliardi di euro alle imprese del settore che lasceranno in Molise la misera somma di 50 milioni di euro.



E pur di fare profitti non si bada a nulla, scompare l’art. 9 della Costituzione che tutela il paesaggio, si calpesta il Codice Nazionale dei Beni Culturali del 2004 e si impedisce alle Regioni di porre qualsiasi tutela territoriale ed ambientale.



Il Governo Berlusconi non ha mosso un dito per fermare installazioni invasive finanziate con 5,7 miliardi annui pagate da tutti i cittadini con gli aggravi nelle bollette dell’ENEL. Col pretesto dell’energia pulita si permette la devastazione dei paesaggi, dei crinali, delle aree archeologiche e dei beni monumentali. Il caso del Molise è clamoroso con richieste di installazioni che hanno superato in qualche frangente anche il limite di una pala eolica per km quadro. Ebbene in una regione che produce già il 110% del proprio fabbisogno annuo da fonti rinnovabili con 419 pale eoliche già in funzione, non c’è necessità di devastare il resto del territorio. Il Molise produce complessivamente quattro volte ciò che consuma e quindi non può ulteriormente essere violentato, umiliato e calpestato dagli affaristi del vento. E’ intollerabile l’atteggiamento del Governo Berlusconi che impugnò una prima legge regionale del 2008 che fissava a 549 pale il numero massimo installabile. E nella seduta del Consiglio dei Ministri di oggi pomeriggio il Ministro delle Attività Produttive porterà la richiesta di impugnare anche l’ultima legge regionale in materia, la n. 23 del 23.12.2010, di soli due articoli che si limita a tutelare le aree sottoposte a vincolo, ai sensi del Codice dei Beni Culturali.



Per il Ministro Romani in Molise le pale eoliche devono poterle mettere ovunque così come sta accadendo da anni nel silenzio colpevole del Presidente della Giunta e degli Amministratori Locali. Siti del V° e del IV° Secolo Avanti Cristo risalenti al periodo sannitico e romano saranno stravolti insieme a aree archeologiche e a siti di interesse naturalistico, storico e paesaggistico.
La Giunta Regionale fa buon viso a cattivo gioco. Perde tempo nel recepire le Linee Guida Nazionali sulle Fonti Rinnovabili, vara una legge semplicissima di tutela ambientale e non la difende politicamente col Governo, non si costituisce in giudizio nei contenziosi aperti con le imprese eoliche e consente il peggior sacco che abbia mai subito il Molise dalla distruzione di Silla nell’ultima guerra sannitica del I° Secolo A.C.. Perché si è calata le brache ?


(fonte: Bacheca termolese)









domenica, marzo 13, 2011


I RAGAZZI DELLE “B. CROCE” di SAN GIACOMO degli Schiavoni  a MARGHERITA DI SAVOIA

 



Una splendida giornata di sole ha accompagnato gli studenti della “B. Croce” presso le saline di Margherita di Savoia. Con Giuliana, esperta guida, i ragazzi hanno vissuto una giornata che difficilmente dimenticheranno. Oltre la scoperta delle saline hanno toccato con mano come viene prodotto il sale, un itinerario affascinate, un microcosmo sconosciuto fino a ieri. Si è poi passati ad osservare la natura, un grande osservatorio naturalistico protetto. Infatti, la salina gode di diversi vincoli di salvaguardia. Il primo è quello di “Riserva naturale di popolamento animale”, il secondo è quello di “Zona umida di valore internazionale”. E’ inoltre zona IBA (Important Birds Areas) perché identifica un luogo strategicamente importante per la conservazione degli uccelli. Sono più di 100 le specie presenti: tra sedentari, migratori, nidificanti e quelli che vengono a passare l’inverno.. I pivieri, le beccacce di mare, i cardellini, i cavalieri d’Italia, i gabbiani, gli aironi, le anatre selvatiche, le volpoche, le avocette e i fenicotteri rosa.
Una giornata importante per i ragazzi.

 



in laboratorio






al museo


sul campo





sul viale degli aironi


è bravo Corrado vero?





mamma quanto sale











c'è anche Oscar








mentre Roberto è indaffarato in altre cose


Marcello telefona alla.......