abm
domenica, ottobre 21, 2012
mercoledì, ottobre 17, 2012
NUOVE INFRAZIONI UE ALL’ITALIA
Le procedure d'infrazione a
carico dell'Italia sono scese a 111 (82 riguardano casi di violazione del
diritto dell'Unione e 29 attengono a mancato recepimento di direttive). Ne sono
state archiviate 28 (di cui 24 concernenti procedure già aperte e 4 ancora allo
stadio di reclamo). E l'ambiente mantiene il primato con quelle (28) procedure
aperte. Un numero che aumenta visto che sono state introdotte altre cause a
carico del Belpaese: una strettamente attinente alla materia ambientale perché
riguarda la questione dei Sic (siti di interesse comunitario) e l'altra in
materia di energia elettrica e aiuti di stato.
La nuova infrazione
riguarda un'area di circa 22 ettari (denominata "Brughiera del
Dosso") nel Comune di Somma Lombarda, a breve distanza dall'aeroporto
Milano-Malpensa. Un'area che nel 2003 la Regione ha inserito tra i
"proposti siti di interesse comunitario" (pSic). Un'area che
successivamente e definitivamente è stata ricompresa tra i Sic con la decisione
della Commissione del 2004, e poi con il decreto del Ministero dell'ambiente
del 2005.
Nel frattempo, però, è
stato potenziato l'aeroporto attraverso il 'Piano d'Area Malpensa' (legge
regionale n. 10/1999). E le aree dei Comuni di Somma Lombardo e Vizzola Ticino
sono state destinate a opere di trasformazione di natura "commerciale e
industriale".
Il procedimento di
individuazione di Sic si svolge con l'emanazione di atti sia delle Regioni che
dello Stato. Alle Regioni spetta l'iniziativa per individuare le aree da
includere nei Sic, allo Stato il compito di formulare una proposta finale alla
Commissione europea. Anche per l'aggiornamento dei siti, l'iniziativa spetta
alle Regioni, mentre allo Stato spetta un potere di proposta finale.
Ma il Consiglio di stato
pone alla Corte di giustizia alcune questioni di interpretazione della
direttiva habitat (quella che cerca di garantire la biodiversità mediante la
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche sul territorio degli Stati membri. E che ha creato una rete
ecologica di zone speciali protette, denominata «Natura 2000).
Ossia se sia conforme alla
direttiva il potere di ufficio delle Regioni di proporre una revisione dei Sic,
senza forme di pubblicità collettiva. E se l'ordinamento comunitario consenta
alla legislazione nazionale l'apertura del procedimento di declassificazione,
anziché l'adozione di ulteriori misure di monitoraggio e salvaguardia, anziché
l'adozione di misure compensative per garantire la coerenza globale della rete
Natura 2000, in presenza di un degrado di origine antropica e non naturale.
FONTE GREENREPORT
sabato, ottobre 13, 2012
BIENNALE HABITAT 2012: RICONOSCIMENTO PER ABM
Riconoscimento per Ambiente Basso Molise alla BIENNALE HABITAT 2012 che si sta svolgendo in queste ore a Termoli. In particolare è stata posta attenzione sulla CARTA DI CAM.PE.TER. e sulle azioni mirate per la savaguardia del Fratino. Inoltre si è anche parlato del Life Maestrale. Un buon risultato della nostra associazione per le azioni concrete messe in campo per la salvaguardia del territorio. Ecco alcune immagini:
venerdì, ottobre 12, 2012
TRIVELLAZIONI
PETROLIFERE OFFSHORE. CRESCE LA RICHIESTA DI MORATORIA DOPO IL PASTICCIO “CRESCI
ITALIA”
Dopo la presa di posizione
del Parlamento europeo che chiede maggiori sicurezze (anche economiche) per la
concessione di licenze di sfruttamento petrolifero e gasiero offshore –
indicazioni che renderebbero impraticabili molte delle concessioni italiane a
piccole multinazionali non in grado di far fronte tecnicamente e
finanziariamente ad una marea nera o ad un grosso incidente su una piattaforma
– cresce la richiesta di una moratoria per uscire dal vicolo cieco petrolifero
nel quale ci ha cacciato il decreto “cresci Italia”.
I deputati del Pd Mariani,
Vico, Margiotta, Losacco, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble,
Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci e Viola hanno presentato una
risoluzione alla Commissione ambiente della Camera per chiedere al ministro
dell’ambiente Corrado Clini la richiesta di valutare la possibilità di
sospendere le indagini di sottosuolo e di sfruttamento dei giacimenti
petroliferi in Adriatico.
Il folto gruppo di deputati
democratici ricorda che «in Italia sono presenti più di 1000 pozzi produttivi
di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore; di questi, 777 pozzi
producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio; le produzioni
annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10% ed il
7% del fabbisogno energetico nazionale; il permesso di ricerca di idrocarburi
liquidi/gassosi è rilasciato alla compagnia petrolifera, a seguito di un
procedimento unico che inizia con la selezione dei progetti effettuata dal
ministero dello Sviluppo economico, sentito il parere di un organo consultivo,
la Cirm, nell’ambito della quale sono rappresentate le Amministrazioni statali
competenti (ministero dello sviluppo economico, ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca, Ispra, Avvocatura di Stato) nonché i rappresentanti regionali;
per i permessi offshore sono coinvolti anche il ministero delle Infrastrutture
e dei trasporti e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali; vi è
però da notare che mentre i permessi in terraferma vengono rilasciati dal
ministero d’intesa con le regioni interessate, i progetti offshore sono
sottoposti alla procedura di assoggettabilità ambientale e/o all’espressione
del giudizio di compatibilità ambientale da parte del ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio e del mare, o della regione interessata; non è
richiesta «l’intesa» con la regione».
giovedì, ottobre 11, 2012
DAL 1850
GHIACCIAI RIDOTTI DEL 50%, ENTRO IL 2100 TUTTI I GHIACCIAI ITALIANI A “RISCHIO”
ESTINZIONE.
Oggi il Wwf Italia ricorda
che «c’è una rete di acqua dolce che dalle cime innevate dell’arco alpino
scorre per 9000 chilometri fino ai delta del Mediterraneo, al Mare del Nord e
addirittura al Mar Nero, fornendo servizi vitali a decine di migliaia di specie
e centinaia di milioni di persone, alimentando industrie, produzioni agricole e
attività umane in tutta Europa. L’effetto Alpi arriva lontano. Ma le mille
forme dell’acqua delle Alpi sono a rischio, oltre il 90% dei fiumi alpini è
irrimediabilmente degradato per mano dell’uomo e la fusione dei ghiacciai
dovuta al cambiamento climatico ha raggiunto ritmi e livelli drammatici».
Secondo il nuovo dossier
del Wwf “Alpi: tetto d’Europa al sicuro” «La riduzione dei ghiacciai è uno
degli effetti più evidenti del riscaldamento globale, che sulle Alpi ha
raggiunto un aumento della temperatura media di +1,5 °C nell’ultimo secolo, con
un’accelerazione tale da rendere estremamente difficile quando non impossibile
l’adattamento alle nuove condizioni, un problema che investe specie, risorse ma
anche popolazioni umane. Le conseguenze come l’alterazione dei regimi
idrologici, il rischio dissesto, la minore disponibilità d’acqua – nel lungo
termine – per uso potabile, agricolo e idroelettrico, una minore attrazione
turistica». Il dossier Wwf, al quale ha contribuito anche il climatologo Luca
Mercalli, ricorda come «Dal 1850 la superficie glacializzata delle Alpi si è
ridotta del 54% (passando da 4474 kmq a 2050 kmq nel 2003) e secondo il
glaciologo svizzero Matthias Huss entro il 2100 sulle Alpi potrebbe rimanere
appena dal 4 al 18% dell’area glaciale presente nel 2003, mentre i i ghiacciai
italiani (che hanno superfici in gran parte inferiori a 1 km2, spessore medio
di soli 20-30 m e localizzazione più soleggiata) potrebbero essere soggetti a
una sostanziale scomparsa, specialmente sotto i 3500 m.
Attualmente a nessun
ghiacciaio alpino è più attribuibile una favorevole condizione di
alimentazione: dal 2003 si è avuta ovunque una forte accelerazione dei
regressi, che nel 2007 riguardavano il 99% delle unità osservate, e molti
piccoli ghiacciai posti a quota più bassa e su versanti molto soleggiati si
sono già estinti, soprattutto sulle Alpi Marittime, sul Monviso o sulle
Dolomiti. In molti casi l’entità dei ritiri è impressionante: -170 m al
ghiacciaio del Sissone (Alpi Retiche) nell’estate 2009; -105 m a quello di
Goletta (Valle d’Aosta) nel 2011, e quest’anno, la seconda estate più calda dal
1850 dopo quella del 2003, a fine stagione i ghiacciai erano ovunque privi di
neve e anneriti da detriti rocciosi fino a oltre 3500 m. La più lunga
“ritirata” d’Italia spetta al ghiacciaio del Lys (Monte Rosa), iniziata nel
1812: dalla massima espansione della Piccola Età Glaciale qui avvenuta nel
1860, il regresso ha raggiunto oggi 1,7 km a seguito di un aumento della
temperatura media di poco più di 1 °C. Mentre al Caresèr (sul Cevedale), in 44
anni si è persa una quantità di ghiaccio equivalente a uno spessore d’acqua di
ben 43,8 metri.
Cifre drammatiche di un
dossier del il cui primo capitolo, dedicato alla risorsa acqua, è stato
presentato oggi in vista di “Biodiversamente: il Festival dell’Ecoscienza”,
giunto alla sua terza edizione, un week-end tra scienza e natura organizzato
insieme all’Associazione nazionale musei scientifici, dicato quest’anno alle
Alpi “riserva d’acqua dell’Europa”, che il 27-28 ottobre aprirà gratuitamente
oltre 100 musei scientifici, science center, orti botanici, acquari, parchi
naturali e Oasi Wwf con centinaia di iniziative speciali in tutta Italia.
FONTE INFORMAMBIENTE
venerdì, ottobre 05, 2012
Sale
il riscaldamento globale e i pesci si restringono
Non solo stanno diminuendo di numero: gli abitanti
del mare sono destinati a rimpicciolirsi, e anche questa volta è colpa nostra.
Come se le riserve ittiche mondiali non
fossero già abbastanza minacciate dalla pesca sconsiderata e intensiva un altro
problema sta mettendo in serio pericolo l'equilibrio della catena alimentare
oceanica. A causa del riscaldamento globale i pesci sono destinati a
rimpicciolirsi anche di un quarto, perdendo dal 14 al 24% della propria taglia
entro il 2050. È quanto sostenuto in un allarmante studio della University of
British Columbia (Canada) che ha misurato gli effetti del global warming sulla
crescita e sulle rotte migratorie di oltre 600 specie ittiche
Una situazione già compromessa
Gli effetti di questo fenomeno saranno più evidenti nelle regioni
tropicali, in un momento storico - quello previsto fra 40 anni - in cui la
popolazione mondiale sfiorerà i 9 miliardi, due miliardi di bocche in più da
sfamare rispetto ad oggi. E la previsione degli scienziati potrebbe essere fin
troppo rosea, considerati gli altri problemi che interessano i mari: oltre
all'overfishing, anche l'acidificazione delle acque data dall'aumento di CO2
nell'atmosfera e la riduzione di nutrienti superficiali per i pesci (con il
riscaldamento delle acque infatti lo strato superficiale degli oceani tende a
mescolarsi più difficilmente con lo strato inferiore, più freddo e più ricco di
nutrienti).
Le ragioni del rimpicciolimento
La riduzione delle dimensioni dei pesci dipende essenzialmente da due
fattori: la difficoltà di crescere in acque povere di ossigeno e un cambiamento
nelle rotte migratorie. «I pesci negli oceani caldi sviluppano un metabolismo
più veloce e hanno quindi bisogno di più ossigeno» spiega William Cheung, a
capo dello studio pubblicato su Nature Climate Change. Ma le acque calde
contengono anche una percentuale minore di ossigeno e la crescita dei pesci
viene così limitata.
Inoltre, esistono più pesci piccoli nelle regioni tropicali e a causa dell'aumento della temperatura, questi animali tendono a migrare nelle acque più fredde delle regioni temperate o polari facendo così diminuire le dimensioni medie globali degli stock.
Inoltre, esistono più pesci piccoli nelle regioni tropicali e a causa dell'aumento della temperatura, questi animali tendono a migrare nelle acque più fredde delle regioni temperate o polari facendo così diminuire le dimensioni medie globali degli stock.
Previsioni realistiche
Il team di Cheung ha utilizzato come strumento di previsione
dell'innalzamento delle temperature i dati dell'Intergovernmental Panel on
Climate Change, basati su uno scenario di alte emissioni ricavato dall'attuale
trend di inquinamento atmosferico. L'impatto del riscaldamento globale sugli
oceani suggerito dallo studio sembra più grave del previsto, anche perché
interviene su una situazione già critica: è noto da tempo che anche la pesca
eccessiva ha ridotto le dimensioni dei pesci, che nell'ultimo secolo si sono
evoluti per vivere più velocemente e morire giovani prima di raggiungere
dimensioni che li renderebbero facili prede.
(fonte Focus.it)
Iscriviti a:
Post (Atom)