AMBIENTE &
VELENI
Sblocca
Italia e elettrosmog: antenna selvaggia, i rischi legalizzati
Elettrosmog e Sblocca Italia, subito rinominata ‘Sblocca Antenne’. All’art. 6 “Agevolazioni per la
realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga” si
insinua una mimetizzata deregulation per
l’avanzata delle prossime infrastrutture a supporto della connettività
permanente via cellulare: il trucco della legge Renzi sta nell’assenza di
autorizzazioni per le multinazionali delle telecomunicazioni assegnatarie delle
frequenze bandite dall’ultimo governo Berlusconi, che con l’escamotage
dell’autocertificazione per manutenzione/modifica degli impianti già esistenti (le
antenne spuntate come funghi sui palazzi!) potrebbero installarne
indiscriminatamente di più forti e
potenti, senza chiedere niente a nessuno.
E’ al varco l’irradiamento della frontiera della rete
4G (Quarta
Generazione, Long Term Evolution, LTE): prevede l’innalzamento di
quantità e velocità di trasmissione dati fino a 42M/bit al secondo (contro i 3
M/bit attuali, tecnologia 3G) per migliorare performance di onde Wi-Fi e prestazioni di smartphone,
tablet&C. con l’inevitabile rischio di sforare i limiti soglia da inquinamento
elettromagnetico. Che vuol dire? Che per ‘infondere’ la 4G dovranno
rifare ex novo i ripetitori, perché quelli attuali sostengono un’altra
tecnologia! E come li rifaranno? Senza autorizzazioni, grazie allo Sblocca
Italia! E col pericolo di ulteriore elettrosmog!
Lo stratagemma, bypassando nulla osta paesaggistici sull’impatto
ambientale, incoraggerebbe una prevedibile semina di antenne selvagge nuove di zecca, sempre più insidiose
per la salute pubblica, visto l’esponenziale incremento di popolazione
elettrosensibile e i casi di ripetitori fuori norma, non tutti monitorati delle
ARPA regionali (6 V/metro il massimo nei centri abitati, spalmati nella
rilevazione di 24 ore grazie alla furbizia dell’abbattimento dei picchi diurni
nella notte – regalino alle TLC del Governo Monti – nonostante lo 0,6 V/metro
da esposizione esterna cumulativa sia invece il limite per effetti biologici
sull’uomo sostenuto nel Report 2012 dagli scienziati indipendenti del Bio Initiative Group).
Argini in costruzione invece a Roma. Dopo 20 anni di
attesa e l’insabbiamento di una prpposta di iniziativa popolare supportata da
23.000 firme di cittadini, vagliati i pareri dei municipi, è prossimo al voto di Commissioni
(Urbanistica e Ambiente) e Aula in Campidoglio il ‘Regolamento di Roma Capitale’ per disciplinare la giungla imperversante
di antenne e ripetitori da inquinamento elettromagnetico. “Siamo cautelativamente ottimisti –
la sintesi di Giuseppe Teodoro, portavoce del Coordinamento Comitati Romani
contro l’Elettrosmog, intevenuto ieri ai microfoni de Il Nemico Invisibile, trasmissione
radiofonica condotta dal giornalista Alessio Ramaccioni (coautore del libro
inchiesta Onde Anomale – Editore Internazionale Riuniti)
– Vigileremo affinché il
testo non sia aggredibile dai ricorsi delle compagnie telefoniche. Vorremmo un
Regolamento dalle 3P:Pianificazione,
Precauzione e Partecipazione popolare. Serve un catasto per Roma per
mappare gli impianti in città, un registro per le indagini epidemiologiche che
quantifichi le malattie ambientali e gli ammalati, oltre sanzioni certe per le
antenne oltre i valori soglia”. Cioè fuori legge. Ovvero coniugare
libertà di comunicazione, diffusione di tecnologie e tutela della salute. Pare poco, ma sarebbe il giusto.
Infine dal Centro di Riferimento della Regione Lazio
per la diagnosi della Sensibilità Chimica Multipla (MCS è malattia ‘gemella’ dell’Elettrosensibilità)
in questi giorni è stato rimosso il Prof. Giuseppe Genovesi, responsabile della
struttura nello Sportello delle Malattie Rare al Policinico Umberto I di Roma,
punto di riferimento per i malati di tutta Italia: “per motivazioni molto vaghe”,
sostiene lui stesso sulla pagina Facebook. Strana coincidenza:
l’incarico viene sollevato a Genovesi subito dopo l’intervista andata in onda
la scorsa settimana su Italia 1, nel servizio “L’inquinamento che uccide!”. Informare l’opinione
pubblica della pericolosità delle malattie ambientali fa più male… del male? (Fonte:il
fatto quotidiano)
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