Un team di scienziati, guidati da Jason Box, professore di
glaciologia presso il Geological Survey of Denmark and Greenland,
è appena tornato da un viaggio di ricerca in Groenlandia,
finanziato tramite crowdfunding e durato tutta l’estate. Lo scopo era
quello di analizzare e documentare l’allargamento dei ghiacci in queste terre. I risultati portati a
casa sono stati sorprendenti e inattesi.
Box e il suo gruppo hanno localizzato un’intera superficie,
ricoperta di “neve nera“, a 67 gradi di latitudine nord, a
1.010 m sul livello del mare. Si tratta di un’area con buche profonde da 0,5
fino a 1 m e costituita da crioconite, polvere grigia che potrebbe derivare da
deserti, incendi, ma anche da inquinamento da combustione di centrali a carbone
o di motori diesel.
Lo studio dovrebbe uscire sulla stampa scientifica entro fine
anno, ma i dati sono già stati rivelati a Slate.com e le immagini raccolte stanno
facendo il giro del mondo.
Le ipotesi che giustificherebbero la
presenza di una situazione così anomala, sono principalmente due:
una combinazione di tempeste di neve
sempre più frequenti d’estate, polvere trasportata dal vento, attività
microbica e fuliggine causata dagli incendi boschivi, che avrebbe provocato la formazione di ghiaccio
eccezionalmente scuro
oppure, la più preoccupante, sarebbe
legata all’inizio di un ciclo a cascata dovuto al surriscaldamento globale.
Il 2014 è stato l’anno in cui è
stato misurato il maggior numero di incendi boschivi nell’Artico,
dal 2000, anno in cui sono iniziate le misurazioni satellitari globali. E si
sarebbero sentite anche le conseguenze dei vasti incendi avvenuti in varie zone
del mondo, come per esempio in Canada, dove le nubi di fumo sarebbero arrivate
fino alla Groenlandia. (FONTE Greenstyle)
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