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lunedì, gennaio 31, 2011

IL NOSTRO MARCO PROTAGONISTA NEL SALVATAGGIO DI UN LUPO


Il lupo salvato nel Parco della Majella



Un laccio d'acciaio lo aveva catturato, ma il pronto intervento dei tecnici del parco della Majella ha permesso al lupo appenninico di sopravvivere. Grazie ai radiocollari gps, recentemente applicati ad alcuni esemplari, un biologo dell'Ente ha rinvenuto nei pressi di Roccacasale, a pochi metri dal confine del Parco, l'animale in difficoltà e ha lanciato l'allarme. L'esemplare è stato sedato, liberato dalla trappola, curato e rilasciato subito in natura. La pratica di mettere lacci di acciaio in corrispondenza di sentieri e guadi frequentati dagli animali è una delle più frequenti attuate dai bracconieri. Il lupo appenninico, per la sua importanza, è inoltre stato scelto come simbolo del parco, ma questo non ha ancora oggi fermato la caccia di frodo. Oltre ai lupi, nel parco della Majella vivono camosci, cervi e lontre: per ammirare le bellezze faunistiche e floreali della zona i visitatori possono percorrere una estesa rete di sentieri panoramici (circa 700 chilometri). Ce ne sono per tutti i gusti: escursionisti della domenica, amanti del trekking o appassionati di mountain bike  (Fonte La Repubblica)


Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011





Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011


Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011




Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011



Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011



Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011



Foto M. Carafa - Archivio Parco Nazionale della Majella © 2011





Nuovo incidente a Porto Torres. A finire in mare questa volta è acqua contaminata da gasolio

 



Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo per quanto affermato ieri dalla Capitaneria di Porto Torres sul (presunto) rientrato allarme della marea nera, ed ecco arrivare un’altra notizia poco confortante. Nuovo allarme a Fiume Santo: questa volta a finire in mare è stata dell’acqua contaminata da residui di gasolio pesante provenienti dal circuito delle acque reflue oleose e riversatesi nello specchio d’acqua interno al Porto Industriale, sito localizzato proprio nell’area in cui una settimana fa è avvenuto il guasto.
Per far luce sull’episodio la Procura di Sassari ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di danno ambientale. Il nuovo episodio non fa altro che far aumentare la rabbia della popolazione locale che nella giornata di ieri aveva recepito con titubanza le dichiarazioni della Capitaneria sul presunto rientrato allarme. Secondo alcuni rappresentanti di associazioni che si stanno occupando del caso, si tratta di un nuovo problema che si va a sovrapporre ad un altro problema (quello della marea nera appunto) che in realtà è tutt’altro che risolto. La questione infatti, sentite le testimonianze, non sarebbe affatto archiviata. Anzi.
In particolare, denunciano gli stessi rappresentanti, il petrolio oltre ad aver invaso ben oltre venti chilometri della vicina spiaggia di Platamona ha raggiunto una porzione di mare particolarmente ricca di cetacei. Inoltre testimonianze dirette di persone raccontano che ad essere in condizioni preoccupanti sono soprattutto i chilometri finali della spiaggia in questione, inquinati all’inverosimile. Ma c’è di più: chiazze di olio combustibile sono state rinvenute nella zona della Gallura (quindi nella costa orientale della Sardegna) ad una distanza di circa cento km dal luogo dello sversamento a mare; il fenomeno di una così lontana migrazione del prodotto, dicono gli esperti, sarebbe stato favorito dalle condizioni climatiche avverse.
Intanto, vista la crescente preoccupazione, la ditta E.On ha garantito che finita la fase di emergenza provvederà ad una ripulitura più approfondita e che le coste in poco tempo ritorneranno come prima; per questo comunque bisognerà avere pazienza in quanto l’allerta durerà presumibilmente ancora qualche giorno. Non resta che attendere, augurandoci a tal proposito che le operazioni di bonifica vengano eseguite con celerità dato che le previsioni meteorologiche non sembra saranno clementi nei prossimi giorni.
fonte: ecoblog.it


 





 
 

domenica, gennaio 30, 2011


Repubblica: Marea nera in Sardegna: perdita carburante minaccia il santuario dei cetacei nel mediterraneo



Marea nera in Sardegna – La marea nera si estende nel Golfo dell’Asinara minacciando poco più a nord il santuario dei cetacei nel Mediterraneo. Non cessa l´inquinamento di olio combustibile derivato la scorsa settimana da una perdita nelle condotte della multinazionale tedesca E.On di Porto Torres. Quasi ventimila litri di carburante che dalle coste sarde nord-occidentali stanno estendendosi a est, verso Santa Teresa di Gallura e le Bocche di Bonifacio. Sono già due i parchi naturali a rischio: l’isola dell’Asinara e l’arcipelago della Maddalena.
Ieri mattina larghi tratti dell´area industriale di Porto Torres sono stati dichiarati off limits per i valori di benzene alle stelle.
E adesso, come denuncia l´Ente per la protezione degli animali, gigantesche onde di catrame si allargano pericolosamente verso l´area tra la Corsica e la Liguria dove vivono e si riproducono centinaia di balene e balenotteri. «È in corso una gravissima emergenza ambientale - avverte Emanuele Deiana, responsabile dell´Enpa di Cagliari – Ci chiediamo quanti quintali di petrolio siano ancora in mare, quanti abbiano soffocato la posidonia e quanti animali siano morti in uno specchio d´acqua tanto importante per la biodiversità e, in particolare, per i cetacei». Così importante che nel 1999 Francia, Italia e Principato di Monaco hanno ratificato un accordo internazionale dichiarando protetta la vasta zona, sottolinea Ilaria Ferri, direttore scientifico Enpa e già membro del Comitato tecnico per la tutela di queste specie.
L´Agenzia per la protezione ambientale della Sardegna e l´Asl 1 dell´isola hanno confermato elevati livelli di inquinamento in cantieri accanto al porto sardo e al vicino inceneritore. Dure accuse arrivano dal presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici: «Chiediamo l´intervento del governo: come se non bastasse, nello scalo industriale di Porto Torres l´altro ieri c´è stato un altro incidente con nuovi versamenti di carburante in mare».
Intanto, dopo Platamona, Marina di Sorso, Marritza e Castelsardo, sulle spiagge fra Santa Reparata e Capo Testa sono stati raccolti 300 chili di catrame in poche ore. Le operazioni di bonifica continuano lungo decine di chilometri del litorale sino a Santa Teresa.
fonte: La Repubblica


 








 



 



 
 

sabato, gennaio 29, 2011

Porto Torres, il silenzio copre la marea nera


Al fine di stabilire le cause e le eventuali responsabilità della perdita in mare di migliaia di litri di olio combustibile avvenuta martedì scorso nello scalo industriale di Porto Torres, la Procura di Sassari ha aperto un’inchiesta. L’ipotesi di reato è di disastro ambientale ma, al momento, non ci sono indagati. Le prime relazioni richieste dalla Procura potrebbero arrivare sul tavolo del sostituto procuratore Paolo Piras entro la fine di questa settimana, al termine degli interrogatori da parte degli uomini della Capitaneria.



Secondo il comandante della Capitaneria di Porto Torres l’emergenza è rientrata e il mare non è contaminato. Eppure, la sensazione generale è che si tratti di un disastro sottovalutato, più che superato.
La marea nera continua infatti ad espandersi: ieri una chiazza di petrolio è stata avvistata anche vicino alla Corsica.
Intanto i cittadini di Sassari e Porto Torres chiedono di poter partecipare alle opere di bonifica delle coste invase dal ‘veleno nero’. La mobilitazione dei cittadini è comunque già in atto e, accanto ai comitati che si stanno formando e alla raccolta di firme, c’è chi ha deciso di protestare con un gesto forte e significativo.
Il 16 gennaio, infatti, gli artisti dell’Ex-Q insieme al circolo di Rifondazione Comunista hanno disegnato con le buste di plastica una gigantesca balena spiaggiata sul bagnasciuga del Terzo Pettine di Platamona, simbolo della protesta contro il danno ecologico determinato dalla fuoriuscita di combustibile degli impianti di Fiumesanto.
“La balena non è solo il simbolo dei pesci spazzati via dalla marea nera, ma più in generale di un intero ecosistema gravemente compromesso da una ingiustificabile negligenza della multinazionale E.On”, hanno spiegato gli artefici dell’operazione ‘Black fish’.
Decine di chilometri di spiaggia nel sassarese sono stati invasi infatti da cumuli di catrame che, dopo aver ucciso i pesci in mare, si insinuano ora in profondità nella sabbia.
Sotto la sabbia, insieme al petrolio, sembra stia finendo però anche l’intero disastro avvenuto soltanto una settimana fa in Sardegna. La macchia nera, stavolta tutta italiana, non sta infatti sporcando le pagine dei grandi giornali (e telegiornali) che appaiono disinteressati al disastro ambientale.
Il silenzio dei grandi media risulta però assordante per tutti quei cittadini preoccupati per le sorti della loro isola, troppo spesso ricordata soltanto per i ‘vip’ che lì trascorrono le vacanze estive, e per tutti coloro che vedono umiliato il più grande tesoro dell’Italia: l’ambiente.
fonte: ilcambiamento.it


 



venerdì, gennaio 28, 2011


La rabbia di Porto Torres



SOLTANTO per un caso la marea nera non ha invaso il Parco Nazionale dell’Asinara e non ha toccato spiagge rinomate come Stintino. Il danno però non è meno grave: martedì 11 gennaio nel Nord della Sardegna, 20 metri cubi (questa la cifra ufficiale, ma c’è chi dubita sia quella reale) di olio combustibile si sono riversati in mare durante un’operazione di scarico da una nave alla centrale termoelettrica di Fiumesanto, nel comune di Porto Torres.



A oltre una settimana dall’incidente, secondo quanto riferisce La Nuova Sardegna 2, le operazioni di bonifica in mare sono terminate, ma sulle spiagge del Golfo dell’Asinara, nel territorio che interessa tre comuni (Porto Torres, Sassari, Alghero) rimangono i segni del disastro. Chilometri di arenili incatramati, uccelli e pesci morti, dune di valore incommensurabile per l’ecosistema da ripulire asportando la sabbia e, soprattutto, la rabbia dei cittadini che da anni chiedono maggiore controllo per un’area marina dall’indubbia importanza ambientale e turistica.



L’incidente. La centrale termoelettrica di Fiumesanto, proprietà della multinazionale E. On, da anni è al centro di polemiche. I suoi impianti sembrano un bubbone sulla pelle di una costa dove anche la spiaggia meno bella ha acque azzurre e spiagge bianche. Non ci sono soltanto le ciminiere E. On a deturpare il paesaggio: le costruzioni della centrale sono le ultime del grande agglomerato industriale di Porto Torres, nato negli anni Settanta, quando una politica industriale folle pensava di fare della Sardegna un polo chimico, ora diventato una cattedrale nel deserto che ha lasciato in agonia aziende e un’intera cittadina, Porto Torres.
La centrale è alimentata a olio combustibile, portato da navi che per il loro carico rappresentano da sole un pericolo. Come sia avvenuto l’incidente di martedì 11 non è ancora chiaro (c’è un’inchiesta della Procura in corso). Secondo la ricostruzione fatta ieri durante un vertice tra la E. On, le autorità locali e la Capitaneria di porto, a cedere sarebbe stato un tubo vecchio, mentre altre fonti parlano di “fenditure” nei cassoni per il contenimento dell’olio sulla banchina. In entrambi i casi è lecito ipotizzare gravi negligenze nelle operazioni di scarico e nel controllo dei macchinari utilizzati.
La dinamica. L’olio combustibile che si è riversato in mare non è soltanto inquinante, ma cancerogeno al contatto diretto. Secondo E. On sono stati 20 metri cubi a riversarsi in mare, una quantità modesta, ma la sostanza a contatto con l’acqua aumenta il suo volume 16 volte ed è stato così che la marea nera ha invaso un ampio tratto di arenile. Quando c’è stato lo sversamento soffiava prima vento di ponente e poi maestrale, perciò la chiazza è stata spinta verso Est, ha “saltato” Porto Torres ed è finita sulle spiagge di Platamona e Marritza, quasi fino a Castelsardo. Il Parco dell’Asinara è stato risparmiato, ma sarebbe bastato un soffio di libeccio e la marea avrebbe preso in pieno Stintino e la zona protetta. Non è una consolazione: alle spalle di Platamona si trova l’omonimo stagno, zona di interesse ambientale tutelata dall’Unione Europea. Lo stagno non ha ampie comunicazioni con il mare, ma per la sua salute sono fondamentali le dune che lo proteggono, proprio quelle su cui dovranno lavorare le ruspe per rimuovere il catrame.
La mobilitazione dei cittadini. La E. On ha avviato le operazioni di bonifica e ieri, secondo la capitaneria di porto e l’azienda, in mare la situazione appariva sotto controllo. Nonostante le rassicurazioni che l’olio combustibile resta a livello superficiale, esiste un’ampia letteratura che documenta danni nel lungo periodo anche sul fondo marino. E resta il problema degli arenili, dove rimossa la sabbia superficiale (e anche questo è un danno) ci sono pietre e rocce piene di catrame che andranno portate vie o resteranno lì con il loro rivestimento cancerogeno. “Prima di tutto abbiamo chiesto un risarcimento – dice Beniamino Scarpa, sindaco di Porto Torres – ma superata l’emergenza vogliamo che da questo incidente si prenda spunto per decidere in maniera seria che cosa fare del nostro futuro. Quanto accaduto è sintomo di un problema sotto gli occhi di tutti, quello del rapporto tra industria e territorio. Da anni il nostro comune cerca di avere risposte per la bonifca dell’area e per sapere che si vuole fare della zona industriale, ma l’Eni non ci dice nulla”.
Intanto i cittadini si sono organizzati in comitati perché su quanto accaduto non cali il silenzio. Chiedono di prendere parte alle operazioni di bonifica insieme ai tecnici della E. On, vogliono accertare la reale entità dei danni. Nel disastro, l’unica nota positiva è la veemenza con cui ha reagito la gente per riaffermare il suo diritto a proteggere il territorio.
fonte: repubblica.it


 







 

giovedì, gennaio 27, 2011

RIFIUTI IN GIOCO


Iniziato il progetto “ Rifiuti in gioco” nell’istituto Comprensivo di San Giacomo degli Schiavoni.
Il progetto sarà condotto dai nostri soci Daniela e Marcello che si cimenteranno nell’avventura di portare i ragazzi di San Giacomo degli Schiavoni a fare una corretta raccolta differenziata.
L’obiettivo è chiaramente, oltre che pratico, anche educativo: solo attraverso la separazione corretta dei rifiuti si possono raggiungere gli obiettivi in percentuale previsti dalla legge  e
permettere il recupero di risorse ed energia che sono racchiuse in un materiale riciclabile.
La scuola è inoltre modello che permette di veicolare dall’alunno alle famiglia l’acquisizione di buone pratiche.

Durante l’incontro informativo è stato illustrato il progetto generale e discussi i bisogni emersi attraverso il rilevamento fatto precedentemente.
Saranno forniti materiali informativi (schede, questionari sul tema della gestione dei rifiuti) ed indicazioni di attività autogestibili dagli insegnanti allo scopo di coinvolgere alunni e famiglie.
Daniela e Marcello hanno  proposto l’istituzione di un gruppo di ecologia, formato da alcuni insegnanti e rappresentanza di studenti, per controllare la qualità della raccolta differenziata nella scuola, attraverso la compilazione di una scheda di rilevamento.

Durante il progetto si effettueranno delle visite ad una azienda preposta al trattamento di recupero o smaltimento dei rifiuti.
Verrà effettuata anche una ricerca on-line: la ricerca nei siti internet dei consorzi nazionali per il recupero dei materiali di imballaggio permetterà di conoscere il ciclo di vita dei materiali.
Infine verrà allestita una mostra – esposizione, si effettuerà una giornata ecologica ed un incontro finale con i genitori con il supporto di diapositive che illustreranno il progetto svolto.


 







 

martedì, gennaio 25, 2011

E’ GIA’ SUCCESSO CON L’EOLICO……..CHIEDETE A NOI!

FAIDA INTERNA A LEGAMBIENTE: IL FOTOVOLTAICO DIVIDE

Si sfalda la tradizionale compattezza associativa nello scandalo del mega impianto fotovoltaico industriale nei campi di Cutrofiano: i circoli ambientalisti si schierano contro la direzione nazionale


CUTROFIANO - Legambiente denuncia “se stessa”: è il singolare risvolto interno all’associazione ambientalista, derivante dalle divisioni di vedute relative al progetto di mega-fotovoltaico industriale nei campi di Cutrofiano, promosso dal direttivo nazionale di Legambiente, ma che imbarazza i soci salentini e lacera la compattezza interna dei circoli con la direzione centrale. Numerosi soci e circoli di Legambiente, in ogni parte d’Italia (sarebbero già 18 secondo il blog ufficiale di Beppe Grillo), prendono le distanze dal direttivo e denunciano il tradimento degli ideali ambientalisti da parte dei vertici dell’associazione, traghettata sempre più verso un approccio imprenditoriale ed industrialista, sotto il vessillo irriconoscibile e strumentalizzato di un’ecologia snaturata.
Le prime durissime denunce a questo meccanismo erano giunte da Vittorio Sgarbi contro il progetto di mega fotovoltaico nei campi di Cutrofiano, per il coinvolgimento attivo dell’associazione nel promuovere grossi impianti industriali ad alto impatto ambientale di mega-eolico e mega-fotovoltaico a terra; denunce lanciate il 23 ottobre scorso, a Melpignano, nel convegno “Energia a Perdere”, organizzato da Save Salento in collaborazione con Radio Radicale, riprese anche nella puntata di Report dal titolo eloquente “Girano le pale”, sullo scandalo-devastazione della “Green Economy Industriale” in Italia.

Alla posizione netta di Sgarbi, fa seguito, cronologicamente, la lettera a firma del circolo di Manciano (Gr), che denuncia dall'interno della stessa associazione tutto il “sistema Legambiente” e la svolta industrialista ai danni gravi del paesaggio, dell’ambiente e della biodiversità da parte dell’associazione e le accuse dello stesso Grillo. Ma non finisce qui. Sembrerebbe, infatti, che la presa di posizione di alcuni circoli stia valendo per loro il rischio di essere estromessi da Legambiente.
Su questo punto arrivo il comunicato stampa congiunto di “Forum amici del territorio di Cutrofiano”, di “Save Salento - Salviamo il Salento” e “Forum Ambiente e Salute - rete coordinativa d'azione a difesa del territorio e della salute dei cittadini del Salento”, che esprimono “solidarietà” e “vicinanza” ai circoli Legambiente, minacciati di espulsione perché “nutrono dubbi sul modus operandi del direttivo nazionale, che vuole promuove progetti industriali di fotovoltaico a terra, di aziende private appartenenti alla Green Economy, attraverso la sponsorizzazione dell’associazione Onlus”.
“Condividono inoltre – proseguono - l’allarme lanciato dagli stessi circoli sul ‘fotovoltaico a terra’, che comporta la perdita dei nostri terreni agricoli, facile preda degli interessi economici che derivano dai contributi statali, presenti ormai solo in Italia. I dirigenti di Legambiente hanno operato una gravissima censura, alla mozione che Andrea Marciani (circolo di Legambiente di Manciano in provincia di Grosseto) ha tentato di presentare all’assemblea dei Circoli Legambiente del 13/14 novembre scorsi a Rispescia (Gr), condivisa per altro da molti iscritti all’associazione”.

Per tale motivo il Presidente del circolo Legambiente di Manciano, ha ritenuto opportuno far pervenire una lettera aperta al presidente nazionale di Legambiente e a tutti i circoli, allegando documentazione dettagliata sul progetto di Fv industriale previsto a Cutrofiano, dove si evidenziano le criticità dello stesso, rispondente alla mozione censurata. Nella lettera, i firmatari, soci ufficiali di Legambiente, si appellano allo statuto dell’associazione, che pur prevedendo a quanto pare un direttivo con poteri di “assolutismo decisionale”, evidenziano quanto previsto dallo stesso statuto all’articolo 8 che recita :“Vi è incompatibilità fra gli incarichi ricoperti all’interno di Legambiente e incarichi di pari livello ricoperti all’interno di partiti, sindacati ed altre organizzazioni di tale natura, per quanto concerne il livello regionale e nazionale. E’ inoltre stabilita l’incompatibilità tra cariche esecutive territoriali di Legambiente e cariche amministrative esecutive di amministrazioni locali e di enti di gestione territoriale”; nella lettera si aggiunge che negli organi direttivi di Legambiente ci sono senatori, deputati, sindaci, assessori e direttori di parchi naturali
.

I circoli Legambiente “dissidenti” condividono che la scelta di sostituire la produzione agricola con quella elettrica sia “strategicamente errata”, visto che tutti gli analisti internazionali “prevedono una crisi alimentare prossima ventura, ben più severa di quella energetica e che sui tetti dei fabbricati, che certo non mancano nel nostro paese, si può produrre energia elettrica ma non si possono coltivare patate”.
Le associazioni ed il comitato Amici del Territorio di Cutrofiano, si uniscono alla richiesta dei circoli “dissidenti” di ritirare il progetto di Fotovoltaico Industriale a Cutrofiano, promosso da Legambiente e dalla sua società chiamata AzzeroCo2; invitano inoltre Legambiente, su quei 26 ettari in agro di Cutrofiano, ad impegnarsi per la piantumazione di un bosco con specie autoctone, su tutti i 26 ettari, per salvare davvero il pianeta salvando la natura, nel rispetto anche della vocazione naturalistica, silvo-agro-pastorale e dell’agriturismo culturale d’eccellenza e destagionalizzato del territorio di Cutrofiano, che si appresa, proprio in quei luoghi, alla definitiva istituzione del Parco regionale dei paduli-foresta Belvedere: “Tutte vocazioni e legittime aspirazioni – concludono - di una terra intera che il progetto industriale di Legambiente rischiava di vanificare per sempre”.
(Fonte: Lecce Prima.it)

 


Combustibili ecologici: dalla Svizzera a base di acqua,
CO2 ed energia solare

 
 


Una risorsa preziosa quella costituita dai combustibili ecologici. Uno studio in Svizzera tenta di ricavarne

uno puntando su acqua, CO2 ed energia solare. Di certo si tratta di una soluzione innovativa, che ha

come obiettivo principale quello di puntare al rispetto dell’ambiente, riducendo gli effetti dannosi

dell’inquinamento dell’aria.


Il tutto si basa su una ricerca portata avanti dai ricercatori dell’Eth di Zurigo e dell’Istituto Paul

Scherrer, che hanno messo a punto un particolare reattore solare capace di riuscire ad immagazzinare
i raggi del sole.


(Fonte: Informabiente.net)





lunedì, gennaio 24, 2011


IL NUOVO BUSINESS AMBIENTALISTA.
DALLA PUGLIA AD AGRIGENTO
 
Rinnovabili o affarismo? È scontro anche all’interno del mondo ambientalista per la facilità con la quale si sta stravolgendo la destinazione d’uso di territori e gli aspetti paesaggistici del paese.


 



Se a Cutrofiano in Puglia la realizzazione della centrale fotovoltaica da 5 megawatt diventa un caso nazionale quantomeno per Legambiente, “per il coinvolgimento diretto dell’associazione attraverso la sua ‘Esco Azzero CO2 in questa operazione industriale e affaristica sconcerta – scrivevano le associazioni che contestavano il progetto -, ancora di più, per il suo forte carico di contraddittorietà con le dichiarazioni rilasciate anche alla rete televisiva nazionale (precisamente al programma Ambiente Italia in onda su Rai Tre), alcune settimane or sono, dai suoi referenti locali, e ribadite nelle ultime linee guida dell’associazione in merito all’ubicazione virtuosa dei pannelli fotovoltaici sui tetti di strutture recenti e non più a terra, a salvaguardia dell’agricoltura, della biodiversità selvatica, e non ultimo del paesaggio.” Mentre vien fuori lo scandalo del business dei carbon credit per i quali lo scorso anno lo Stato ha dovuto sborsare ben 3 miliardi di euro per comprarne l’eccedenza e mentre aumenta il “rischio bolla” per il peso che la corsa agli incentivi all’ecoenergia avrà sulla bolletta elettrica di tutti i consumatori, anche nel territorio Agrigentino si smette di seminar carciofi per piantare pali e pannelli. Nulla da ridire se il tutto è riconducibile ad un minor inquinamento, al rispetto per il territorio, ad aspetti di indipendenza energetica. Quello che un po’ stupisce, è la facilità con la quale invece terreni agricoli e dunque produttivi, diventino improvvisamente campi fotovoltaici. Stupisce ancor più il silenzio delle associazioni dedite alla tutela dell’ambiente. Persino nei centri storici, pare ci sia un maggior permissivismo. Se fino a poco tempo fa era difficile persino spostare la una tegola da un tetto, senza che si urlasse allo scempio urbanistico, paesaggistico, ambientale e finanche lunare o marziano, oggi, senza troppi se né troppi ma, si progettano coperture con pannelli fotovoltaici ovunque, anche in quelle zone nelle quali le Soprintendenze ponevano vincoli a dir poco inaccettabili. E gli ambientalisti? C’è dove si battono per il rispetto delle regole , chiedendo nel contempo che le regioni dettino regole più chiare impedendo ulteriori scempi o progetti che porterebbero i nostri centri storici a trasformarsi in una distesa di pannelli al silicio, alterando il paesaggio architettonico e favorendo possibili abusi edilizi coperti dai pannelli solari. Ci sono quelli che lottano contro l’utilizzo scorretto e paradossalmente non “sostenibile” dell’energie da fonti rinnovabili e degli impianti relativi sul territorio, evidenziando in particolar modo alcuni impianti contigui, talvolta collegati anche a livello societario attraverso stessi amministratori o soci comuni, mentre ci sono quelli, come nel caso di Cutrofiano, che hanno interessi diretti nella realizzazione di parchi fotovoltaici. Ad Agrigento, forse non ci sono gli interessi diretti nella realizzazione di parchi, ma non v’è dubbio che un’ingerenza c’è in tutto quello che avviene, dalla trasformazione del territorio a quella dei nostri centri storici. Ed ecco dunque che le sedi di associazioni ambientaliste, possono anche trasformarsi in comodi uffici dove le aziende possono stipulare i contratti con nuovi clienti. Ad agevolare gli incontri, la stessa associazione ambientalista, così come si può leggere in questa nota inviata a molti utenti:. “Intanto inviamo a tutti il modello di contratto tra azienda e cliente che norma gli aspetti tecnici e commerciali della fornitura ed installazione degli impianti fotovoltaici. Il modello è stato elaborato dai tecnici e dall’ufficio legale di Azzero CO2, la ESCO che supporta Legambiente dal punto di vista tecnico e giuridico sui GASolari, e che è partner nella campagna di informazione e sensibilizzazione sulle fonti rinnovabili. Nei prossimi giorni, a chi confermerà il suo gradimento alla proposta di xxx, la stessa ditta invierà copia del contratto personalizzato. I contratti verranno sottoscritti tra le parti (azienda e cliente), presso la sede del circolo di Legambiente, in Agrigento, via Dante n. 223 (o eventualmente altra sede)… “Infine, come già più volte ricordato, l’unico impegno richiesto agli aderenti al GASolare, anche per coloro che non potranno installare l’impianto, è l’adesione a Legambiente, attraverso la sottoscrizione del tesseramento che costa solo 30,00 € e che, oltre a servire a sostenere il nostro impegno a difesa e valorizzazione dell’ambiente, incluso quello a favore delle rinnovabili in Sicilia, dà diritto a partecipare attivamente alla vita associativa e a ricevere la rivista mensile “La Nuova ecologia” e in più a tutta una serie di agevolazioni e sconti su una vasta gamma di prodotti che potete trovare sul sito di Legambiente.” Un interesse tale, che spinge gli ambientalisti ad effettuare persino visite al domicilio dei clienti, così come da comunicazione inviata agli stessi il 29 settembre 2010, ricordando che “le pessime condizioni climatiche hanno ovviamente scoraggiato molti, per cui l’appuntamento per perfezionare il tesseramento ha dato risultati molto esigui.Come preannunciato, però, un nuovo appuntamento sempre presso il negozio xxx, in Via Atenea xxx, è fissato per sabato prossimo, 2 ottobre, dalle ore 17:30 alle ore 20:30, sperando che la giornata semi festiva vi spinga a fare una capatina nel “salotto buono”(???) della nostra città. Per tutti coloro che fossero impossibilitati (ma veramente impossibilitati) possiamo fissare degli appuntamenti a domicilio, sempre che non facciate fare missioni impossibili. Un saluto a tutti. A sabato e … buone energie a tutti!” Un amore per l’ambiente che costringe una delle più note ambientaliste agrigentine a veri e propri tour de force, per star dietro a tutti gli appuntamenti con i probabili clienti delle aziende. Dedizione? Volontariato? E tutto veramente gratis? Non tutto e non per tutti è gratis. Invito del 17 settembre 2010: “Carssimi tutti, vi informo che il nostro incontro di martedì prossimo si terrà alle ore 17:00 presso il Collegio dei Filippini (per chi non lo sapesse è il palazzo poco più su del Municipio,prima della Chiesa di San Giuseppe. Vi aspettiamo numerosi, anche perché saranno presenti i rappresentanti della ditta aggiudicataria che potranno all’uopo fornire tutti i chiarimenti del caso. Spero anche di potervi dare buone nuove sulla questione del finanziamento, visto che tra lunedì e martedì ho 2 appuntamenti (BCC, Credito Siciliano) e forse anche un terzo con Banca Nuova. Un caro saluto. A presto.” Ancora una volta, l’invito ai probabili clienti non arriva da un’azienda, ma dagli ambientalisti agrigentini, i quali in questa circostanza non usano come sede la propria o attività commerciali di privati, bensì locali di proprietà del Comune di Agrigento e di conseguenza con spese a carico della collettività. Eh sì, un’azienda per incontrare i propri clienti deve disporre di uffici, personale e quanto altro, ma gli ambientalisti no. Quelli possono usare strutture pubbliche per incontri commerciali. Perché mai creare appositi uffici, quando si ha a disposizione un palazzo del‘600, con i suoi tre piani, con elegantissime sale espositive, marmi gialli, gole, archi e cornici in gesso, volte e tetti lignei, intarsi in pietra arenaria e cotti fiorentini, parapetti in ferro battuto, ascensori, elegantissime scale rivestite in marmo, e senza dover spendere un centesimo per il personale, gli arredi, l’energia elettrica? Mi chiedo: ma se altre aziende avessero necessità d’incontrare i propri clienti ad Agrigento, potrebbero chiedere che venga loro concessa una sala del Collegio dei Filippini? Si proprio quello, il palazzo poco più su del Municipio, prima della Chiesa di San Giuseppe… Più avanti, vi terrò informati su altri aspetti che riguardano questo nuovo business, sulle autorizzazioni urbanistiche e su tanto altro ancora… E come dice la nostra ambientalista “Buone energie a tutti e buona giornata…”.
Tanto, l’Energia l’avete pagata voi…

(Fonte: Informambiente.net)


 




 




 

domenica, gennaio 23, 2011


Rifiuti, record degli Strauss un sacchetto in un anno



Una famiglia inglese è riuscita nell'impresa. Riciclando praticamente tutto. Nel loro sito si firmano "Mr & Mrs Green". E insegnano come si fa a non buttare (quasi) niente.



LONDRA - Un anno intero di rifiuti dentro un solo sacco della spazzatura. Anzi, per la precisione un sacchetto. E' il record, britannico e forse mondiale, del riciclaggio ecologico, realizzato da una famiglia di tre persone residente a Longhope, contea di Gloucester, Inghilterra centrale. Non una setta di fanatici, bensì gente comune, come tutti gli altri, che fino a due anni or sono prestava solo un orecchio distratto ai danni provocati all'ambiente dalla società dei consumi e che certamente non avrebbe mosso un dito o fatto un piccolo sacrificio personale per cambiare la situazione. Poi, quasi per gioco, hanno cominciato a fare a meno dei sacchetti di plastica per fare la spesa. E da quel momento non si sono più fermati. Nel 2009 sono riusciti a far stare tutta la spazzatura di un anno nel bidone dei rifiuti davanti a casa. Nel 2010 hanno provato a superarsi e hanno ridotto il loro ammontare di rifiuti a un singolo sacchetto: tutto quello che conteneva erano qualche giocattolo rotto, rasoi usa-e-getta non più utilizzabili e penne a biro rimaste senza inchiostro. Basta. Nient'altro. "Mi pare difficile immaginare che saremo capaci di fare meglio di così", dice Richard Strauss, il capofamiglia, 53 anni, facendosi ritrarre insieme alla consorte Rachel, 38, e alla figlia Verona di 9, che tiene in braccio il sacchettino della loro spazzatura annuale. Come hanno fatto? Riciclando praticamente tutto quello che consumano, acquistando prodotti alimentari nei mercati e nelle fattorie locali, coltivando - come il Candido di Voltaire - un orticello e naturalmente portandosi dietro i propri sacchetti di tela quando vanno a fare la spesa. "E' cominciato tutto così", ricorda Rachel. "Un giorno abbiamo visto in tivù un programma sui danni causati all'ecosistema marino dalla contaminazione con la plastica. Così abbiamo deciso di non usare più sacchetti di plastica per la spesa. All'inizio era un po' pesante, come fare la dieta o andare in palestra per rimettersi in forma, ma ben presto ci siamo abituati ed è diventato anche divertente". Oltre a comprare alimentari localmente, gli Strauss hanno iniziato a coltivare un orto in giardino: patate, carote, insalata, pomodori, fagioli, ora sono prodotti in casa. Rachel si è messa a cuocere pane e biscotti nel forno. Richard ha installato pannelli solari sul tetto e una stufa a legno per il resto del riscaldamento. Mobili, vestiti, oggetti che non servono più vengono donati ad associazioni di beneficenza. Tutto quello che avanza viene riciclato come composta, ossia fertilizzante misto. Alla fine non rimane quasi niente da buttare. La famiglia Strauss ha creato un sito, myzerowaste. com, in cui discute i propri metodi di riciclaggio e scambia informazioni sul tema: ogni mercoledì pubblicano la lista (molto breve, in verità) di cosa hanno gettato via nella settimana precedente. Il sito riceve oltre 70 mila visite al mese. "Riciclare è più semplice di quanto si immagina, non costa nulla anzi fa risparmiare e se tutti lo facessero sarebbe una grande differenza per la salute del pianeta", dice Rachel. Manca solo un editore che proponga loro un libro: come vivere felici senza rifiuti. Su carta riciclata, naturalmente.



(Fonte: Informabiente.net)


 



venerdì, gennaio 21, 2011

Trialometani, arriva il verdetto: "Colpa del materiale organico"
Primo responso dell’Istituto Superiore di Sanità interpellato da Molise Acque per chiarire i dubbi sulla contaminazione idrica: «presenza di trialometani dovuta probabilmente al contatto fra materiale organico e cloro». Attesi nelle prossime settimane accurati esami scientifici. Resta però il dubbio sul perché nessuno abbia rimosso le carpe morte nell’invaso.
 


«La presenza di trialometani nell’acqua è dovuta probabilmente a materiale organico a contatto con il cloro della potabilizzazione». E’ questo il primo responso dell’Istituto superiore della Sanità sulla contaminazione idrica che ha messo in crisi 70 mila cittadini del Basso Molise proprio durante le festività natalizie. Una risposta che in realtà non elimina i dubbi. Primo perché quel “probabilmente” è tutto tranne che una certezza. E secondo perché non spiega la causa dellla materia organica che ha innescato la reazione chimica. Un evento che si potrebbe attribuire, come parzialmente ammesso anche da Molise Acque, proprio alla presenza di migliaia di carpe attaccate da un batterio e lasciate a decomporsi nel lago di Guardialfiera. La mancata rimozione dei pesci potrebbe avere sprigionato il materiale organico nell’invaso del Liscione.

Proprio l’ente presieduto da Stefano Sabatini e diretto da Giorgio Marone aveva definito, nei giorni scorsi a Roma, un protocollo di collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e con il dipartimento per l’igiene delle acque interne. Con il responsabile della struttura, il dottor Massimo Ottaviani è stata esaminata la presenza di trialometani nell’invaso del Liscione nel periodo natalizio. «Il dottor Ottaviani - dichiara il presidente di Molise Acque Sabatini - ha confermato che tale fenomeno probabilmente da addebitare esclusivamente alla presenza di materiale organico e alla sua reazione con il cloro usato per la potabilizzazione delle acque. Tali conclusioni tuttavia, saranno suffragate da appositi studi, analogamente a quanto avvenuto per un caso simile in un invaso in Emilia Romagna».

Lo stesso presidente Sabatini ha aggiunto che «l’istituto Superiore della sanità fornirà sull’episodio e sulle sue cause una relazione tecnica a Molise Acque in modo da poter avere chiarezza e soprattutto evidenze scientifiche non soggette alla mutevolezza di questa o quella opinione. Ma non ci siamo voluti fermare qui. Con l’Istituto Superiore per la sanità costruiremo un rapporto duraturo che andrà oltre il singolo caso.
A questo proposito abbiamo già definito una ipotesi convenzionale che ci permetterà di avere costantemente al nostro fianco l’Istituto Superiore di Sanità e monitorare in modo continuativo la qualità delle acque che la nostra Azienda fornisce ai cittadini molisani. Con questo accordo oltre ad avere il supporto di un istituzione di grande prestigio e caratura scientifica pensiamo di ridare la piena serenità ai cittadini e agli utenti molisani, serenità spesso turbata ad arte da operatori cinici interessati solo a trarre un ritorno personale e personalistico da ogni episodio».

Al di là degli annunci di Sabatini, cambia poco la posizione di Molise Acque rispetto alla grande emergenza dello scorso Natale. Se anche si potesse escludere l’errore umano nell’immissione di cloro per potabilizzare l’acqua, l’attenzione va focalizzata su quel “materiale organico” all’interno del Liscione, dovuto con ogni probabilità alle migliaia di carpe morte lasciate a marcire nell’invaso per settimane, nonostante le denunce e le segnalazioni, e senza che nessuna istituzione mettesse in atto la rimozione e la bonifica.

(Fonte: Primonumero.it)


 






 



 


CARCASSA DI FEMMINA DI LUPO RITROVATA A GUARDIALFIERA
 


(ANSA) - GUARDIALFIERA (CAMPOBASSO), 15 GEN - Una carcassa di
femmina di lupo appenninico (canis lupus italicus) e' stata trovata dal Corpo Forestale dello Stato sulle sponde dell'invaso del Liscione di Guardialfiera. La squadra in servizio del Comando di San Giuliano del Sannio (Campobasso), su segnalazione della Sala Operativa, hanno trovato la carcassa in avanzato stato di decomposizione. Per determinare con esattezza le cause del decesso, i resti dell'animale sono stati consegnati all'Istituto Zooprofilattico per gli accertamenti di rito.
   


 



mercoledì, gennaio 19, 2011

AMBIENTE BASSO MOLISE


COMUNICATO STAMPA



IL FLAGELLATORE DELL’AMBIENTE



«Difficile punire i responsabili, ma i sindaci adottino ordinanze sanzionatorie»



Il solito flagellatore torna a colpire, dopo Guglionesi, Termoli, Montecilfone, Campomarino, adesso tocca a San Giacomo degli Schiavoni.
“Noi di Ambiente Basso Molise non ci stancheremo mai di segnalare gli scempi ambientali che si presentano dinanzi ai nostri occhi, sul nostro territorio”.
L’ennesimo spettacolo osceno si è compiuto: decine di copertoni giacciono sui margini di una strada comunale di San Giacomo degli Schiavoni, abbandonati ed in bella vista. Al di là del deprecabile spettacolo, bisogna considerare che i pneumatici sono classificati come rifiuto speciale e devono essere destinati ad una particolare procedura di smaltimento.
Pur comprendo le difficoltà nell’individuazione e punizione dei responsabili, rinnoviamo ancora una volta l’invito a tutti i sindaci del basso Molise nel potenziare i servizi di vigilanza ambientale; inoltre chiediamo di adottare ordinanze comunali che puniscano in modo certo e deciso l’abbandono dei rifiuti in strada. La scarsa coscienza ambientale di alcuni incivili cittadini non deve passare inosservata e deve essere corretta anche attraverso interventi sanzionatori.
Sul territorio comunale di San Giacomo degli Schiavoni, in tale contrada, già e più volte, Ambiente Basso Molise aveva segnalato l’abbandono di rifiuti di ogni genere.
 L’incuria che affligge il territorio basso molisano rende necessario un monitoraggio continuo ed un controllo assiduo, solo in questo modo si riusciranno a sconfiggere “i nuovi barbari”.
li 19 gennaio 2011
                                                                                               Il Presidente
                                                                                             Luigi Lucchese


 




















lunedì, gennaio 17, 2011


Etna in fermento, segnali di eruzione



Accelera e frena: vive di alti e bassi l’attuale attività eruttiva dell’Etna che ha fortemente rallentato nella zona sommitale i fenomeni stromboliani: boati e bagliori che ieri sera illuminavano il vulcano hanno già perduto energia. L’attività presente all’interno del ‘pit crater’, una profonda depressione apertasi sul fianco orientale del cono del cratere di Sud-Est, è molto debole. Si intravedono dei bagliori, ma non c’é stata alcuna emissione né di lava né di cenere.



Gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania sottolineano che “il sistema è carico e i condotti interni del vulcano sono pieni di magma ed energia”, ma è difficile prevedere se e quando ci sarà una nuova fase effusiva con l’emersione di lava.  I segnali registrati sull’Etna in questi ultimi giorni ricordano ai vulcanologi dell’Ingv di Catania le fasi preliminari delle eruzioni del 2006 e del 2007, con la fuoriuscita di colate ad alta quota che si sono riversate nella desertica Valle del Bove.


fonte: gds.it







 

domenica, gennaio 16, 2011


Referendum nucleare: l’Associazione italiana nucleare si costituisce presso la Corte Costituzionale



L’Ain, Associazione italiana nucleare, che raccoglie gli scienziati favorevoli al ritorno italiano al nucleare, è scesa in campo per chiedere alla Corte Costituzionale di non ammettere il referendum grazie al quale gli italiani potrebbero scegliere in prima persona se voglio, o no, le centrali nucleari in casa propria.
 




Secondo l’Ain il referendum difetta di “omogeneità, chiarezza ed univocità, nonché per idoneità al raggiungimento del fine prefissato”. Inoltre Ain crede che, qualora il referendum dovesse passare ed essere votato favorevolmente dagli italiani, ci potrebbe essere un conflitto con gli impegni internazionali presi dal nostro paese.
A poche ore dalla decisione della Corte, che deve decidere se il referendum è ammissibile o meno, arriva quindi un estremo tentativo di impedire agli italiani di esprimere un parere su un tema così importante. Resta sempre il solito dubbio: se è così lampante che il nucleare è bello, buono e pulito, perché mai deve essere imposto dall’alto e non deciso, eventualmente, dal basso?
fonte: ecoblog.it


 



sabato, gennaio 15, 2011


Capannori scrive a Lavazza: basta con le capsule per il caffè
 



Se da un lato ci si mette tutta la buona volontà per ridurre i rifiuti e la plastica, dall’altro le sconcertanti regole del consumismo fanno si che la battaglia sia, se non vana, quantomeno complessa. Abbiamo appena chiuso il capitolo buste di plastica, che giustamente se ne apre un altro: le capsule del caffè. Le avete presente quelle cialdine in plastica confezionate in altra plastica che contengono una dose di caffè? Sono una delle componenti di quegli elettrodomestici giocattolo, gadget per adulti, che non servono a una cippa se non a essere comprati e a consumare: filtri, elettricità, acqua, ecc. ecc.



Ebbene, su queste capsule è stato aperto un “caso studio” del Centro ricerca rifiuti zero del Comune di Capannori, giunto all’81% di raccolta differenziata. Si sono accorti che nell’immondizia non differenziata ci finivano proprio le capsule. E perché? Perché sono state progettate per non essere smaltite. Insomma, mai come in questo caso avrebbero ragione di essere sostenuti tutti i discorsi che abbiamo fatto sul design industriale.



Dunque la responsabile del caso studio Rossana Ercolini ha scritto una lettera aperta a Lavazza, chiedendo una collaborazione fattiva, come l’uso di cialdine biodiegradabili o ricaricabili con filtro di carta. Infatti, secondo le proiezioni, ogni anno nella spazzatura di Capannori finirebbero 750mila cialdine. E noi consumatori? Si stima che ne consumiamo per 12mila tonnellate che finiscono o in discarica o bruciate in qualche inceneritore.
fonte: ecoblog.it


 




 

venerdì, gennaio 14, 2011


Rifiuti: arrestati a Napoli presidente e soci cooperativa
 



 



NAPOLI – Il presidente e sei soci della cooperativa Davideco, che opera nel settore della raccolta dei rifiuti a Napoli, sono stati arrestati dalla Digos sulla base di un provvedimento della magistratura. Sono accusati di devastazione, incendio ed altri reati.


Le accuse si riferiscono ai fatti accaduti il 23 settembre scorso, quando una ventina di autocompattatori, adibiti alla raccolta della spazzatura, furono danneggiati e dati alle fiamme.
fonte:ansa.it





giovedì, gennaio 13, 2011


Fotovoltaico: nuovo record italiano.
La Puglia regina del Paese


 



Dopo aver toccato 100.000 impianti installati, il fotovoltaico in Italia arriva a 2.000 MW di potenza complessiva nel paese. A comunicarlo è stato il Gse, che gestisce il conto energia con il quale viene retribuita l’energia rinnovabile prodotta dai pannelli fotovoltaici. Tra primo e secondo conto energia, il Gse ha ricevuto domande di ammissione agli incentivi statali per una potenza complessiva di 2.100 MW. Da notare che il numero di impianti è arrivato a 120.000, mentre solo a fine settembre erano ventimila in meno.
Regina la Puglia con circa 450 MW, mentre la Lombardia resta in testa alla classifica per il numero di impianti in esercizio: 18.500, secondo il Veneto, con 14.320 impianti. Considerando le ulteriori comunicazioni che perverranno al GSE nelle prossime settimane relative agli impianti entrati in esercizio tra l’inizio di novembre e il 31 dicembre 2010, si stima che la potenza fotovoltaica cumulativa in esercizio in Italia a fine anno con il Conto Energia potrebbe sfiorare i 3.000 MW, con una nuova potenza nel solo anno 2010 superiore a 1.500 MW contro i 720 MW installati nell’anno 2009.
Nella top ten 2010 degli operatori italiani nel campo del fotovoltaico, stilata dalla società di consulenza strategica A.T. Kearney, tutte le aziende hanno sede dal Lazio in su, segno che il Centro-Nord Italia dà un contributo fondamentale alla green economy nazionale non solo dal punto di vista dei megawatt installati, ma anche per la ricchezza generata e per i posti di lavoro salvati dalla crisi. Le dieci imprese hanno infatti registrato quasi 800 milioni di euro in ricavi, pari al 35% dei 2,35 miliardi del mercato fotovoltaico in Italia. E dal punto di vista occupazionale, se le stime del Gse parlano di 250mila posti di lavoro green in Italia entro il 2020, è probabile che la grande maggioranza di questi sarà concentrata proprio nelle regioni del Centro Nord.
fonte: Ecovideoblog.it


 





 
 

mercoledì, gennaio 12, 2011


2100, ghiacciai alpini a rischio estinzione
 




Due ricerche pubblicate dalla rivista Nature Geoscienze, dipingono scenari inquietanti per il futuro a medio e lungo termine. A causa del riscaldamento del pianeta, entro fine secolo potrebbero scomparire il 75% dei ghiacciai alpini e il 70% di quelli neozelandesi. Ma il persistere delle emissioni nell’atmosfera porterebbe entro il 3000 alla fusione dell’Antartide occidentale e all’innalzamento del mare di 4 metri.
I cambiamenti climatici potrebbero determinare entro il 2100 lo scioglimento di tre quarti dei ghiacciai alpini e, in una previsione ancor più drammatica, la dissoluzione di buona parte dell’Antartico entro il 3000. Con la conseguenza di un innalzamento del livello del mare di ben 4 metri. E’ lo scenario davvero inquetante dipinto da due ricerche pubblicate dalla rivista Nature Geoscience, che mettono in risalto due degli aspetti meno noti della mutazione climatica: i suoi effetti sui ghiacciai e il suo impatto a lungo termine.
Il primo studio, ad opera delle geofisiche Valentina Radic e Regine Hock dell’Università dell’Alaska, stima che i ghiacciai si apprestano a perdere tra il 15 e il 27 per cento del loro volume entro il 2100. Cosa che, ammonisce la ricerca, “potrebbe avere effetti sostanziali sull’idrologia regionale e la disponibilità di risorse in acqua”. Alcune aree saranno più a rischio di altre, in funzione dell’altezza dei loro ghiacciai, della natura del terreno e della loro localizzazione, più o meno sensibile al riscaldamento del pianeta. In base a queste variabili, i più a rischio sono i ghiacciai alpini: potrebbe sciogliersene in media il 75 per cento (tra il 60 e il 90 per cento), a seguire quelli della Nuova Zelanda con un rischio medio del 72 per cento (tra il 65 e il 79 per cento).
Per contro, in base al primo studio, il rischio è limitato all’8 per cento dei ghiacciai in Groenlandia e al 10 per quelli asiatici. Secondo questa ricerca, lo scioglimento dei ghiacciai si tradurrebbe
in un elevarsi medio del livello del mare, da qui a fine secolo, di 12 centimetri. La stima, che non prende in considerazione l’espansione degli oceani a seguito del riscaldamento dell’acqua, si sposa ampiamente con l’ultimo rapporto stilato nel 2007 dal Giec, il gruppo intergovernativo di esperti messo in piedi dall’Onu per studiare l’evoluzione del clima.
Radic e Hock hanno realizzato i loro calcoli a partire da un modello informatico basato su dati raccolti su oltre 300 ghiacciai tra il 1961 e il 2004. E si sono poggiate sul primo degli scenari intermedi immaginati dal Giec (denominato “A1B”), che coniuga crescita demografica, economica e ricorso a fonti d’energia più o meno inquinanti, e che prevede un aumento della temperatura del pianeta di 2,8 gradi nel corso del 21mo secolo. Ma lo scenario “A1B” non prende in considerazione le calotte ghiacciate dell’Antartico e della Groenlandia, che da sole raccolgono il 99 per cento dell’acqua dolce del pianeta. Se una di queste due aree dovesse sciogliersi sensibilmente, il livello degli oceani aumenterebbe di molti metri, sommergendo molte città costiere. Immaginando la fusione dell’Antartico occidentale, l’aumento del livello del mare sarebbe di 4 metri.
Esattamente lo scenario catastrofico che emerge dal secondo studio pubblicato da Nature Geoscience, realizzato dall’Università di Calgary, in Canada. Una ricerca focalizzata sull’inerzia dei gas a effetto serra che, una volta emessi, resistono per secoli nell’atmosfera. Con la conseguenza che, se anche si potessero fermare  tutte le emissioni di gas a effetto serra da qui al 2100, il riscaldamento del pianeta proseguirebbe ancora per altre centinaia di anni. Lo studio dell’università canadese si basa sullo scenario “A2″ del Giec, più pessimista del “A1B” in materia di emissioni e che arriva a prevedere un aumento della temperatura di 3,4 gradi centigradi da qui a fine secolo.
fonte: repubblica.it

 




 

martedì, gennaio 11, 2011


La bioraria, quando il prezzo dell'elettricità si fa in due



Da gennaio saranno oltre 20 milioni le famiglie italiane che riceveranno la bolletta calcolata con i nuovi prezzi biorari, meno convenienti nei giorni lavorativi dalle 8 alle 19 e più convenienti in tutte le altre ore e in tutti i fine settimana e festivi.
Lo ricorda l'Autorità per l'Energia e il Gas in una nota, spiegando che entro la fine del 2011, il nuovo sistema - che è automatico e non richiede nuovi contratti – sarà applicato a tutti i consumatori che hanno un contratto di fornitura alle condizioni stabilite dall'Autorità e dotati di un contatore elettronico intelligente, che può leggere i consumi nei diversi momenti.
L'introduzione dei prezzi biorari, iniziata nel luglio scorso, ha come obiettivi una maggiore equità ed economia per i singoli consumatori; un contenimento dei costi per l'intero sistema elettrico nazionale; un contributo alla tutela ambientale.
Lo spostamento di parte dei consumi nelle ore più convenienti “potrà consentire non solo di risparmiare nelle bollette individuali - segnala l'Autorità - ma anche di ridurre la punta di domanda elettrica generale e, di conseguenza, evitare l'utilizzo di centrali meno efficienti e più inquinanti, favorendo così un generale abbassamento dei costi e un minor impatto sull'ambiente".

Quindi, con i prezzi biorari, il costo dell'elettricità non sarà più unico come adesso, ma differenziato a seconda dei momenti di utilizzo. I prezzi saranno più convenienti nei momenti in cui la richiesta di energia è minore, dalle 19 alle 8 dei giorni feriali, tutti i sabati, domeniche e altri festivi (in bolletta sono le fasce orarie 'F23'). Sarà allora quindi che converrà concentrare almeno due terzi dei propri consumi, utilizzando elettrodomestici come lavatrice, lavapiatti, scaldabagno, forno elettrico, ferro da stiro, ecc. Elettricità meno conveniente invece dalle 8 alle 19 dei giorni lavorativi (fascia oraria 'F1'). Ad oggi la differenza di prezzo fra ore più o meno convenienti è del 10% circa.
Ogni singolo cliente troverà nelle bollette l'esatta ripartizione dei suoi consumi nei diversi momenti, in modo da poter conoscere continuamente gli effetti delle proprie abitudini di utilizzo dell'elettricità.
L'Autorità per l'energia stima che, se l'insieme delle famiglie italianespostasse il 10% dei consumi nei periodi più favorevoli, si otterrebbe una riduzione di 450 mila tonnellate l'anno di anidride carbonica, equivalente alle emissioni di una centrale in grado di soddisfare i consumi di una città di circa 500mila abitanti. In termini economici, si risparmierebbero circa 9 milioni di euro l'anno per minori emissioni di CO2, circa 80 milioni come costo per combustibile e oltre 120 milioni come costi di impianto. Nell'insieme, il risparmio a favore della collettività delle famiglie e dei piccoli consumatori, sarebbe di oltre 200 milioni di euro l'anno.
Fino al 31 dicembre 2011 i prezzi biorari avranno solo un piccolo effetto di risparmio o di maggior spesa in bolletta. Infatti, per dare alle famiglie con consumi ancora sbilanciati nei momenti a maggior prezzo il tempo di abituarsi a conoscere le proprie abitudini, di valutare i cambiamenti della spesa e di adottare comportamenti favorevoli al risparmio, l'Autorità ha previsto un periodo transitorio nei quali vi sarà solo una piccola differenza fra i due prezzi (10%).
Dal gennaio 2012, verranno applicati prezzi biorari che rispecchieranno integralmente il diverso costo dell'elettricità all'ingrosso nei diversi momenti: le differenze di prezzo saranno quindi più accentuate, con maggiori possibilità di risparmi in bolletta e viceversa.
L'Autorità ha reso disponibili anche prezzi biorari "a richiesta" che prevedono differenze di prezzo maggiori, già aderenti ai diversi costi all'ingrosso dell'elettricità nei diversi momenti: chi volesse da subito l'applicazione di questi prezzi, potrà farne domanda al proprio fornitore.
Chi non volesse usufruire dei prezzi biorari stabiliti dall'Autorità, può liberamente scegliere altre soluzioni sul mercato libero anche consultando, sul sito dell'Autorità, il TrovaOfferte che consente di confrontare le numerose proposte offerte da vari operatori.
Per facilitare i comportamenti individuali di risparmio e quindi capire come usare al meglio l'elettricita' nei momenti più convenienti, l'Autorità ha messo a disposizione sul proprio sito il PesaConsumi, un simulatore che aiuta a valutare i propri consumi in varie ipotesi di utilizzo degli elettrodomestici.

Gli elettrodomestici non consumano tutti nello stesso modo: qualcuno influisce molto sulla nostra bolletta (quelli a più alto consumo, tipo lavatrici, lavastoviglie, ferri da stiro, scaldabagni elettrici, cucine e stufe elettriche), altri meno.
Per aiutare a capire come utilizzarli nel modo più efficiente con i nuovi prezzi biorari, l'Autorità ha messo on line il Pesa Consumi, un simulatore che consente di calcolare quanto i singoli elettrodomestici di casa influiscano in percentuale sui consumi complessivi; in particolare, il sistema evidenzia il peso dell'utilizzo dei diversi elettrodomestici nei momenti in cui l'elettricità costa di più.
Con il Pesa consumi, si può simulare lo spostamento dell'utilizzo di alcune di queste apparecchiature nei momenti più convenienti e quindi valutare quanto consumo può essere concentrato nelle ore a minor prezzo.

Per utilizzare lo strumento è utile avere a disposizione la propria bolletta, nella quale è già indicata la ripartizione dei consumi nelle diverse fasce.
Per informazioni: Sportello per il consumatore dell'Autorità
numero verde 800.166.654 (dalle 8 alle 18 di ogni giorno lavorativo)


 




 

domenica, gennaio 09, 2011


Sempre più catastrofi naturali
Il clima presenta il conto



 
Terremoti a parte, i grandi eventi distruttivi del 2010 sono riconducibili al riscaldamento globale. L'allarme di Munich Re, il colosso tedesco delle riassicurazioni:  «Ulteriori elementi a conferma dell'impatto del cambiamento climatico». Solo in Russia incendi e ondati di calore hanno provocato 56.000 vittime
 
Almeno 295.000 morti e danni per 130 miliardi di dollari. Le catastrofi naturali nel 2010 sono state particolarmente devastanti. L’analisi arriva da un colosso delle riassicurazioni, la compagnia tedesca Munich Re, che ha contabilizzato 915 eventi naturali rovinosi durante l’anno che si è appena concluso contro una media di 615 registrata durante gli ultimi trent’anni.
Larga parte di questo tragico bilancio deriva dai terremoti e in particolare da quello di Haiti, il cui anniversario ricorre proprio in questi giorni e che da solo è costato la vita a 222.570 persone. Ma nella graduatoria stilata dalla società assicuratrice, direttamente interessata al mercato dei risarcimenti, ci sono diversi eventi riconducibili al riscaldamento globale: l'ondata di caldo e gli incendi che hanno flagellato la Russia durante la scorsa estate hanno provocato 56.000 morti, le inondazioni che hanno colpito nello stesso periodo il Pakistan sono costate 9,5 miliardi di dollari e 1.760 vittime. I fenomeni estremi che testimoniano l’avanzamento dei cambiamenti climatici interessano anche i paesi industrializzati visto che la tempesta Xynthia ha causato lo scorso febbraio 65 morti e danni per 6,1 miliardi di dollari in Europa occidentale mentre i tornado sono costati agli Stati Uniti nel loro insieme 4,7 miliardi.
È la stessa Munich Re dal proprio sito (il rapporto è reperibile su www.munichre.com) a confermare il legame fra questi eventi e il riscaldamento globale: «L'alto numero di vittime legato a catastrofi naturali e i picchi di temperatura registrati hanno entrambi fornito ulteriori elementi a conferma dell'impatto del cambiamento climatico». 
Fonte  La Nuova Ecologia

 




 

sabato, gennaio 08, 2011

Gran Bretagna sepolta da spazzatura, ‘qui come a Napoli’
 
LONDRA – ”Qui a Saltaire si sta quasi come a Napoli”. Il commento affidato a Twitter da un esasperato abitante del quartiere residenziale di Bradford non potrebbe essere piu’ tagliente. Ma, di fatto, e’ cosi’. La Gran Bretagna, vuoi a causa delle proibitive condizioni climatiche registrate nell’ultimo mese, vuoi per l’incapacita’ mostrata da alcuni comuni, e’ in gran parte assediata dalla spazzatura.
       A Edimburgo, ad esempio, i rifiuti giacciono immobili da cinque settimane; a Birmingham gli abitanti hanno creato una montagna di sacchi neri preso il Northfield Shopping Centre. Crisi passeggera? Forse no. L’emergenza, infatti, potrebbe essere solo un assaggio di quello che verra’ se le autorita’ locali non si attrezzeranno per tempo ai tagli decretati dal governo di Londra. ”Dobbiamo ripensare a come fare per mantenere attivi questi servizi di base durante i periodi festivi”, ha detto al Daily Telegraph Bob Neill, sottosegretario al Governo Locale. ”Le persone – ha proseguito – producono piu’ spazzatura nelle festivita’ natalizie ed e’ deludente vedere che in certi casi i comuni non hanno mostrato maggior spirito d’iniziativa per assicurare ai cittadini i servizi per i quali pagano le tasse”. Critiche condivise anche da parte di Paul Bettison, ex presidente della commissione ambiente della Local Government Association (LGA).
”La crisi della pattumiera – tuona – sta diventando un evento annuale. Abbiamo avuto forti nevicate per tre anni di fila: non si puo’ levare le mani al cielo e sostenere che succede una volta ogni 20 anni”. La LGA ha pero’ battuto il tasto sull’elemento della sicurezza. ”E’ pericoloso spedire su strade ghiacciate un camion da 24 tonnellate”, ha spiegato un portavoce dell’associazione. Bettison, che siede nel consiglio comunale di Bracknell Forest, nel Berkshire, ha pero’ portato l’esempio della sua amministrazione, che ha deciso di spedire sei furgoni spargi-sale davanti ai camion dei rifiuti. ”Tutte le previsioni – ha concluso – dicono che inverni come questi saranno in futuro piu’ comuni: dobbiamo attrezzarci per garantire la raccolta della pattumiera”. Detto questo, c’e’ chi dice che il tempo non sia pero’ l’unica ragione di queste emergenze ormai cicliche. In meta’ del Regno Unito, infatti, vige ormai la raccolta bisettimanale: basta dunque saltare un appuntamento col netturbino per vedere accumulati i rifiuti di un mese.
”La nostra terra, un tempo verde e piacevole, si sta riempiendo di cassonetti della pattumiera”, ha protestato Doretta Cocks, fondatrice del Campaign for Weekly Waste Collections, l’associazione che si batte per la reintroduzione della raccolta settimanale. ”I camion – prosegue – a volte non passano per giorni. Il problema si e’ acuito in particolar modo in questo periodo festivo. Se queste condizioni climatiche perseverano, i comuni farebbero bene a tornare alla raccolta settimanale, specialmente durante le vacanze di Natale”. Peccato che i tagli imposti dalla coalizione conservator-liberale sembrano andare nella direzione opposta.
fonte: ansa.it